La fibrillazione atriale non si cura soltanto con l’ablazione: tutto quello che dobbiamo sapere sul disturbo cardiaco di Francis Ford Coppola.
In generale, “l‘ablazione della fibrillazione atriale è molto efficace nei soggetti giovani. In certi casi, ripetere la tecnica su un paziente già sottoposto ad essa in passato e sul quale non ha avuto completa efficacia, può essere discutibile”.
A parlare con Notizie.com è Antonio Rapacciuolo, primario di Cardiologia dell’Ospedale Betania di Napoli e professore associato dell’Università Federico II. L’esperto ci ha spiegato che “è sempre necessaria una discussione sul singolo paziente per determinare se effettivamente vi sia o meno una giusta indicazione”.
Ed è proprio quello che ha fatto il professore Andrea Natale, che dopo una valutazione attenta, ha ritenuto di sottoporre nuovamente Francis Ford Coppola all’intervento. In termini generali però, “dopo gli ottant’anni è difficile ottenere grandi risultati” con l’ablazione, quindi “bisogna valutare” se ci sono le condizioni a seconda del paziente.
Il post di Coppola sui social: “Da Dada sta bene”
La star di Hollywood sta bene e lo ha comunicato lui stesso sui social, con un post che ha fatto sorridere i fan: “Da Dada“, così lo chiamano i figli. “Sta bene. Sto approfittando della mia permanenza a Roma per aggiornare, dopo trent’anni, la mia procedura di Afib”, acronimo appunto, di ablazione della fibrillazione atriale.
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Le condizioni di salute di Francis Ford Coppola sono monitorate dal team del professore Andrea Natale, che ha effettuato l’intervento. Per riprendersi del tutto dalle conseguenze post operatorie, sarà necessaria una settimana circa. Molti però, in queste ore si stanno chiedendo cosa sia la fibrillazione atriale, di cui il regista soffrirebbe da molti anni, e cos’è la tecnica dell’ablazione.
Cos’è l’ablazione della fibrillazione atriale
Quest’ultima è una procedura medica non invasiva che consiste nel “disconnettere elettricamente le vene polmonari dell’atrio del cuore”, come ha spiegato ai nostri microfoni Rapacciuolo. “Mi spiego meglio: le vene polmonari sono quelle che riportano al cuore il sangue che si è ossigenato nei polmoni. La zona di transizione tra il tessuto venoso e quello atriale è più frequentemente coinvolta nell’insorgenza della fibrillazione atriale, perché ci sono molti battiti in più extrasistole che vengono originati da quella zona e trasmessi nell’atrio. Se c’è una fibrosi diffusa, cioè una sostituzione del tessuto normale con uno fibrotico, si può sviluppare un’aritmia caotica. Allora si interviene isolando elettricamente le vene polmonari”.
L’ablazione non è l’unico metodo: c’è anche l’elettroporazione
Quello dell’ablazione non è però, l’unico metodo per trattare la fibrillazione atriale. “Una delle tecniche più usate al momento è l’elettroporazione“. Una tecnica innovativa che usa i campi elettrici per creare piccole lesioni nei tessuti, in modo da “ottenere questa disconnessione elettrica senza grandi effetti collaterali”.
Quando si ripete l’ablazione della fibrillazione atriale?
Siccome Francis Ford Coppola nel suo post ha parlato di un “aggiornamento” della procedura Afib, abbiamo chiesto a Rapacciuolo se si tratta di un metodo che negli anni va ripetuto. “Spesso viene ripetuto quando si verifica una riconnessione delle vene polmonari. In questi casi bisogna intervenire con un secondo intervento per migliorare la disconnessione effettuata in precedenza”. In altri casi poi, “si effettuano lesioni aggiuntive, per evitare che ci siano propagazioni anomale”.
Che cos’è la fibrillazione atriale?
Passiamo ora alla seconda domanda: cos’è la fibrillazione atriale? Il professore Rapacciuolo ci ha spiegato che è “un’attivazione caotica degli atri, che determina una serie di problemi. Il cuore è diviso in due parti. Una alta, dove ci sono gli atri, e una bassa dove stanno i ventricoli. Gli atri fondamentali sono due: il destro, che riceve il sangue di ritorno da tutti gli organi e lo immette nel ventricolo destro. Da qui, passa nell’arteria polmonare, arriva nel polmone, si ossigena, e torna ossigenato nell’atrio sinistro. Poi va al ventricolo sinistro e tramite l’arteria e l’aorta, si porta ossigenato e ricco di nutrienti a tutti gli organi del corpo”.
“L’attivazione del cuore prevede un’attivazione elettrica che precede l’attività meccanica. Il cuore deve attivarsi per poter avere una contrazione con una sua azione di pompa”. Come detto, “la fibrillazione atriale è un’attivazione caotica degli atri, che quindi rende la contrazione di questi ultimi inefficace. Oltretutto determina a livello ventricolare una frequenza cardiaca irregolare”.
Quali sono le cause della fibrillazione atriale
La fibrillazione atriale può essere determinata da molte concause. “Molto di frequente il paziente ha un’ipertensione arteriosa, che determina un sovraccarico a livello cardiaco e della parete atriale“. Un’altra concausa possono essere “i problemi valvolari: ad esempio sulla mitrale o sulla aortica. Anche qui si genera un sovraccarico della parete atriale che a lungo andare tende a portare alla fibrillazione atriale”. Le altre sono “lo scompenso cardiaco e l’apnea ostruttiva del sonno”.
È molto importante dunque, curare tutte le concause della fibrillazione atriale. “Il paziente iperteso deve controllare l’ipertensione, l’obeso deve perdere peso, chi ha uno scompenso deve ricevere un trattamento assolutamente adeguato e così via”, dice Rapacciuolo.
Questo perché “l’ablazione della fibrillazione atriale è molto più efficace se si interviene sulle cause che sottendono l’aritmia stessa. Se, ad esempio, applichiamo questa tecnica a un paziente iperteso, ma poi non controlliamo la pressione, quasi sicuramente ci sarà una recidiva”.
Rischi e caratteristiche della fibrillazione atriale
Quali sono i rischi della fibrillazione atriale? “Il primo è l’ictus. Quando l’atrio non si contrae si possono formare dei coaguli nei trombi. Se un piccolo pezzo di questo coagulo, definito embolo, si stacca e va in circolo, molto spesso si dirige verso le arterie che portano il sangue al cervello, determinando l’ostruzione di un’arteria a livello intracranico, quindi un ictus. L’altro rischio è lo scompenso cardiaco”.
La fibrillazione atriale, ci spiega ancora il cardiologo, “è una malattia che tende ad essere progressiva. Una volta che si è presentata, tenderà a rifarlo. Non è possibile una guarigione definitiva. Ma il nostro obiettivo e ridurre il numero degli episodi, controllare la frequenza cardiaca e le complicanze. La fibrillazione atriale può essere controllata per lunghi periodi in maniera molto efficace con l’ablazione, con i farmaci e quant’altro”.
Come riconoscere la malattia
I sintomi di questo disturbo cardiaco sono due: la palpitazione e l’affanno. Nel primo caso, “il cuore batte in maniera strana, veloce o irregolare. Normalmente noi non avvertiamo il battito cardiaco. Con la fibrillazione atriale invece, si avverte la sensazione di non regolarità o di battito più forte”. L’altro è “l’affanno. Il paziente, avendo una contrazione atriale inefficace, ha anche una performance cardiaca lievemente ridotta e quindi può andare incontro alla dispnea”.
Ci sono però anche “casi asintomatici. Per cui il paziente riscontra la fibrillazione atriale effettuando un elettrocardiogramma”. Un altro disturbo rilevante è anche lo scompenso cardiaco. “Il rischio di ictus è almeno 5 volte maggiore nei pazienti con fibrillazione atriale rispetto alla popolazione generale. Anche quello legato allo scompenso è molto alto, il doppio rispetto agli altri”.
Fibrillazione atriale: cure e prevenzione
In passato la fibrillazione atriale era considerata un’aritmia benigna perché non letale nel momento in cui viene diagnosticata. “In realtà però – dice ancora Rapacciuolo – a lungo andare determina un impatto importante sulla prognosi e sulla mortalità, oltre che sulla qualità della vita. Il paziente ha accessi frequenti in pronto soccorso a causa di affanno e palpitazioni, oltre che controlli medici frequenti”.
Per questo, “un approccio olistico, cioè comprensivo di tutti gli aspetti, è la cosa migliore da fare”. Controllare quindi le concause, intervenire con gli interventi descritti, rivolgersi a un esperto, curare l’ipertensione, l’obesità, le malattie valvolari e così via. Ma come al solito, è importante anche “avere uno stile di vita sano, anche per prevenire le recidive. Più lo stile di vita è corretto, meno frequentemente si svilupperà l’aritmia”.