Omicidio Alessandro Venier, la Procura chiede il carcere per Maiylin Castro Monsalvo, l’avvocato invece la custodia attenuata.
È il giorno dell’udienza di convalida del fermo per Mailyn Castro Monsalvo e Lorena Venier. Le due donne sono comparse dinanzi al giudice per le indagini preliminari di Udine Mariarosa Persico, assistite dai rispettivi legali.
Nel caso della nuora, si è tenuto anche l’interrogatorio del pubblico ministero Giorgio Milillo, dopo lo slittamento di venerdì 1 agosto a causa di un malore accusato dalla trentenne. Le donne sono accusate di aver ucciso e fatto a pezzi Alessandro Venier, 35 anni, nella loro villetta a Gemona, in provincia di Udine.
La difesa di Mailyn Castro Monsalvo ha chiesto per la sua assistita la custodia attenuata per detenute madri di prole inferiore a un anno, come previsto dalla legge in vigore da aprile 2025. In questo modo la trentenne potrà prendersi cura della bimba di sei mesi avuta dalla vittima Alessandro Venier. Mailyn si è avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande del gip “anche perché le sue condizioni psicofisiche sono precarie”, ha spiegato la sua avvocata di fiducia Federica Tosel. “È confusa, rallentata nell’eloquio e nei movimento”.
La Procura chiede il carcere per Maiylin
La legale ha anche riferito che Mailyn “ha preso coscienza” di quanto accaduto mentre il giudice descriveva gli accadimenti. “Condizione che ieri in carcere non aveva”. La Procura ha chiesto invece la custodia cautelare in carcere, e contesta l’omicidio premeditato in concorso, aggravato dalla presenza di un minore, e il vilipendio e occultamento di cadavere. Il gip si è riservato la decisione.
Nelle ultime ore sono venute a galla le prime ipotesi sul movente che potrebbe aver spinto Mailyn e la suocera Lorena Venier (61 anni) ad uccidere il trentacinquenne. Pare che la vittima avesse intenzione di trasferirsi in Colombia – Paese d’origine della compagna – per costruire una nuova vita con lei e la figlia di sei mesi. Dai racconti dei conoscenti è infatti emerso che in Sud America il trentacinquenne possedeva una casetta nel bosco e un pezzo di terra per coltivare banane.
Sempre in Colombia viveva un suo amico, proprietario di un’azienda agricola, con il quale Venier aveva già collaborato in passato. In Italia, a Gemona, il trentacinquenne non aveva mai avuto un lavoro stabile e si arrangiava con quello che trovava, ad esempio svuotare le cantine.
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Sulla base delle prime ricostruzioni, è emerso che il sogno di costruire una nuova vita in Colombia non era condiviso né dalla compagna Mailyn né dalla madre Lorena. La giovane non voleva tornare nel suo Paese d’origine e la sessantunenne non voleva separarsi da lei, che ha descritto come la figlia che non aveva mai avuto. E men che mai voleva separarsi dalla nipotina appena nata.
Lorena Venier temeva per la vita della nuora Maiylin
In più, come ripetuto da Giovanni De Nardo, avvocato della signora Venier dopo l’udienza preliminare, la sua assistita temeva per l’incolumità della nuora. Il movente “è da ricercarsi nelle dinamiche di famiglia, lei era molto legata a nuora e nipote”, e andare in Colombia avrebbe esporto Mailyn a rischi gravi per la sua vita.
“La vita di Mailyn era in pericolo, non potevamo più attendere”, avrebbe detto Lorena Venier nella testimonianza.
Tutti descrivono Alessandro Venier come una brava persona. Il trentacinquenne però, era noto alle forze dell’ordine per aver fatto piccoli commerci di materiale bellico della Seconda Guerra Mondiale che aveva trovato in zona e rivenduto ad appassionati del settore.
L’acquisto su Amazon della calce per coprire il cadavere di Alessandro Venier
Oltre al possibile movente, si va via via chiarendo anche la dinamica dell’omicidio. Alessandro Venier sarebbe stato prima stordito con una forte dose di farmaci, poi soffocato con un cordino.
E quando era ormai morto, il suo cadavere sarebbe stato sezionato e messo in un bidone con della calce viva per attutirne l’odore. Calce che sarebbe stata acquistata su Amazon, e che dunque fa immaginare che l’omicidio sia stato premeditato.
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Dopo il delitto, Lorena Venier sarebbe tornata al lavoro all’ospedale di Gemona come sempre. Dalla morte di Alessandro al rinvenimento del cadavere sarebbero passati cinque giorni. Ad avvisare le forze dell’ordine è stata la stessa Mailyn, che ripassando davanti al corpo del compagno, non ce l’ha fatta e ha chiamato il 112.
Chi conosce la sessantunenne la descrive come una donna brava e precisa nel suo lavoro da infermiera e racconta che ultimamente Alessandro “ne ha fatte passare di tutti i colori alla madre”. Dalla nascita della figlia, Maiylin avrebbe attraversato un periodo di depressione post partum, e Lorena le è stata accanto. Durante l’interrogatorio, Lorena ha chiesto della nipotina di sei mesi.