Con la fine della guerra dei 12 giorni, è terminato anche il racconto della repressione del regime iraniano. Ma non è terminata la battaglia della Resistenza in nome della libertà.
Una Terza Via per il futuro dell’Iran, che non passa per “l’intervento militare straniero”, né per “la dittatura religiosa o il suo compiacimento“. Ma per “il cambio di regime, ad opera del popolo iraniano e della sua resistenza organizzata”.
Un piano composto da dieci punti è stato presentato da Maryam Rajavi, diplomatica iraniana e presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana in Parlamento, durante la conferenza The Next Iranian Massacre is Unfolding in Plain Sight. Tradotto: il prossimo massacro iraniano si sta svolgendo in piena vista.
Anche se la guerra dei dodici giorni che ha visto contrapposti Israele (con l’appoggio degli Usa) e l’Iran è terminata con la vittoria di Tel Aviv, il regime degli ayatollah è rimasto al proprio posto e continua ad esercitare la repressione nei confronti dei prigionieri politici. Attualmente se ne contano circa 14, rischiano l’esecuzione imminente e “solo tre giorni fa la dittatura religiosa ha commesso un altro crimine: l’esecuzione di due membri del People’s Mojahedin Organization of Iran”, ha denunciato Rajavi in Parlamento.
Si chiamavano Behrouz Ehsani e Mehdi Hassani: “Questo atto brutale è parte della repressione in corso: un crimine contro i giovani iraniani, la cui unica colpa è desiderare la libertà”, ha aggiunto la presidente della Resistenza.
La Terza Via è il “cambio di regime ad opera degli iraniani”
Ed anche proprio nel nome di chi muore per la libertà che Rajavi ha presentato il piano, una “tabella di marcia completa, fondata sulla determinazione e la capacità di una nazione che si è ribellata”. La Terza Via per la democrazia in Iran non è “l’intervento militare straniero. Non è la dittatura religiosa o il suo compiacimento. Ma è il cambio di regime, ad opera del popolo iraniano e della sua resistenza organizzata”.
Il ritorno alla democrazia non è una via percorribile: “La Terza Via racchiude il sangue e la sofferenza della lotta del popolo iraniano, dalla Rivoluzione Costituzionale ai giorni nostri, contro due forme di dittatura: monarchica e teocratica. Entrambe hanno sempre colluso minacciosamente contro gli interessi del popolo iraniano”.
“Non c’è pericolo instabilità: il movimento è ben organizzato”
Un percorso questo, che gli iraniani vogliono fare da soli e in risposta ai dubbi internazionali sull’instabilità post-regime, Rajavi ha fatto chiarezza: “Chi nega la capacità del popolo iraniano e della Resistenza, dimentica che ha combattuto senza sosta per oltre quattro decenni. L’Iran ha un movimento di resistenza ben organizzato”. E democratico, in grado di dare la garanzia di una “transizione graduale del Paese attraverso le turbolenze che potrebbero seguire dal rovesciamento del regime”.
All’evento hanno partecipato voci importanti di entrambe le Camere ed esponenti internazionali, inclusa Maryam Rajavi, presidente del Consiglio nazionale della resistenza Iraniana (Ncri). Tra gli altri hanno partecipato l’ex presidente del Consiglio europeo Charles Michel, i senatori Giulio Terzi della commissione Affari Esteri, Luglio Malan, Naike Gruppioni, Lorenzo Cesa e Linda Chavez, funzionaria della Casa Bianca durante la presidenza Reagan.
“Qui in Parlamento abbiamo il dovere di intraprendere azioni a sostegno del lavoro del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana e del suo piano di 10 punti per un Iran libero”. Sono le parole di Lorenzo Cesa, presidente della Commissione Nato. “Dobbiamo spingere il nostro governo a estendere il sostegno al popolo iraniano nella sua lotta per cambiare il regime”.
“La dittatura dei mullah è più debole che mai. E per questo è più pericolosa. Solo a luglio sono stati giustiziati 81 prigionieri: non sono numeri ma esseri umani“. La denuncia arriva da Charles Michel. “Ho assistito a come il regime ricattasse i giovani prendendo ostaggi e minacciando di costruire armi nucleari”.
Charles Michel: “Il silenzio è complicità”
Per l’ex presidente del Consiglio Ue, il massacro del 1988, in cui furono uccisi i prigionieri politici dell’Ompi, ha insegnato tre lezioni. “Prima: l’appeasement non funziona. Abbiamo cercato di coinvolgere il regime, ma ha abusato della nostra buona volontà e della nostra sincerità”.
Seconda lezione: “In questo contesto, il silenzio è complicità. Il nostro silenzio diventa la nostra debolezza ed è la forza dell’aggressione”. Terza lezione: “Esiste un’alternativa: l’univa via promossa dal Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, è quella giusta per la libertà e la democrazia in Iran”.