Chiara Poggi, uccisa a Garlasco nel 2007, può essere considerata vittima di femminicidio? Abbiamo sentito diversi pareri anche discordanti tra loro. Un dato è emerso su tutti: arrivare a una definizione precisa del delitto equivarrebbe ad avvicinarsi moltissimo alla verità.
La nuova inchiesta sul delitto di Garlasco prosegue spedita tra analisi, rivelazioni, dichiarazioni, passi in avanti e passi indietro. Ma è una narrazione che deve tenere conto di un fattore fondamentale: pm, carabinieri, avvocati, periti e consulenti sono al lavoro oggi, nel 2025, e percepiamo il delitto come vicinissimo a noi nel tempo. Ma la vittima, Chiara Poggi, è stata uccisa ben diciotto anni fa, ovvero il 13 agosto del 2007.
Un’enormità per chi deve muoversi tra reperti che spesso non si trovano e testimonianze sbiadite. Non possiamo allora non chiederci: cosa sarebbe successo se il delitto fosse avvenuto ai giorni nostri? E prima di tutto: il caso sarebbe stato trattato come un femminicidio, anche alla luce delle normative e della stretta appena varate?
“Il tutto comporta valutazioni investigative e di carattere giuridico. – ci ha spiegato Roberto Colasanti, criminologo clinico e investigativo – Nel 2025 l’uccisione di Chiara Poggi sarebbe stata trattata come un caso di femminicidio. Nel 2007 i tempi non erano ancora maturi, in quanto lo stesso termine, femminicidio, è entrato nel dizionario italiano solo nel 2009. Le modalità dell’assassinio di Chiara Poggi sono comuni ad altri femminicidi di cui si sono occupate le cronache giudiziarie”.
Chiara Poggi vittima di femminicidio? Colasanti: “Ferocia assassina comune denominatore”
Secondo Colasanti, colonnello dei carabinieri in congedo e rappresentante dell’associazione Pro Territorio e Cittadini odv, un paragone potrebbe essere fatto con le tragedie di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano “in cui la ferocia assassina rappresenta il comune denominatore di uomini che non accettano la fine di una relazione o che vedono la donna come una minaccia ai loro progetti”.
Poi, c’è il piano giudiziario. “Se Alberto Stasi fosse imputato oggi – ha continuato Roberto Colasanti – avrebbe dovuto rispondere di omicidio aggravato dall’art. 577 del Codice penale, comma 1, che prevede l’ergastolo. È un particolare non da poco. Per tale ipotesi delittuosa non è previsto l’accesso al rito abbreviato che dà luogo allo sconto di un terzo della pena di cui invece a suo tempo beneficiò”.
Stasi, fidanzato di Chiara, è l’unico condannato in via definitiva per omicidio volontario semplice, che prevede una pena base di 24 anni di carcere. La Corte, pur ravvisando la responsabilità di Alberto motivata da un attacco di rabbia, ha comunque escluso la premeditazione e la crudeltà. Senza aggravanti, insomma, e grazie allo sconto di un terzo della pena con il rito abbreviato, Stasi è stato condannato a 16 anni di carcere. Attualmente si trova in regime di semilibertà presso il carcere di Bollate, e attende gli sviluppi della nuova inchiesta.
“A mio parere Chiara non è una vittima di femminicidio. O meglio, non può considerarsi tale. – ci ha detto l’avvocata Ilaria Pempinella, presidente del comitato scientifico di Aicis, l’Associazione italiana criminologi per l’investigazione e la sicurezza – Premesso che pare accertato la mancanza di movente, non si può attribuire a Stasi un sentimento di discriminazione o odio verso la persona offesa in quanto donna o la volontà di reprimere la sua libertà, riflesso di una cultura misogina e di disuguaglianza di genere”.
Garlasco oggi, Pempinella: “Delitto d’impeto, assente l’ideologia femminicidiaria”
Nel marzo 2025, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che introduce nel Codice penale il reato autonomo di femminicidio, equiparato all’ergastolo quando il reato è motivato da odio o discriminazione di genere. Per il delitto di Chiara Poggi non ci sono prove di odio motivato dal suo genere. Né di discriminazione specifica contro le donne. Dunque, se il delitto fosse avvenuto dopo le modifiche normative, sarebbe stato indagato come omicidio?
“Il delitto, ammesso pure che sia Stasi l’autore, alla luce delle recenti risultanze investigative, – ha sottolineato la legale – pare un delitto d’impeto non collegabile ad una ideologia femminicidiaria. Ove fosse stato processato ai giorni nostri, sicuramente il fascicolo accusatorio sarebbe stato completo di movente, fondamentale per identificare qualunque autore di reato. Sarebbe stato esaminato l’alibi, analizzate le impronte, le tracce biologiche, ematiche, sentiti in protezione i testimoni e recuperata l’arma del delitto. Con un quadro completo ed una indagine non inquinata, sicuramente sul piano sanzionatorio non si sarebbe escluso l’ergastolo”.
Parzialmente d’accordo con queste ultime affermazioni Flavia Munafò, criminologa, direttrice dello sportello di ascolto e prevenzione Socio Donna di Roma, presidente di Sia (Sociologi italiani associati). “Se potessimo definire il delitto di Garlasco un femminicidio probabilmente avremmo trovato il movente. – ha affermato Munafò – Ma non solo non abbiamo il movente, ma non è neppure così chiaro chi sia il colpevole”.
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“Sicuramente – ha proseguito la criminologa – se si dovesse trattare di femminicidio nel senso attuale del termine, sia Stasi sia le figure che ruotano intorno al caso, con le normative in vigore, avrebbero certamente subìto un trattamento diverso. Soprattutto, sarebbero stati usati strumenti differenti sia per le indagini sia a livello giuridico, visto anche il Codice rosso”. Con l’introduzione del reato autonomo di femminicidio, infatti, sono state introdotte misure cautelari stringenti. E un rafforzamento delle pene e limitazioni ai benefici penitenziari per i responsabili di reati da Codice rosso come stalking e violenza domestica.
Per la criminologa sarebbe necessario comprendere se ci sono i parametri che possono far pensare ad un femminicidio. “Ci sono stati violenza, intimidazione, stalking? – si è chiesta Munafò – Dietro la nube del computer, delle mail, delle cugine, c’è qualcosa di più grande? Credo che fino a che non ci sarà una assoluta chiarezza purtroppo non si potrà dare una definizione corretta del delitto di Garlasco. E non si potrà dare giustizia a Chiara Poggi e alla sua famiglia”.