Caldo, il Tribunale dà ragione ai rider, ma ancora nessun tavolo con i sindacati, Filcams: “Siamo in ritardo, Glovo si faccia sentire”

Emergenza caldo, ma anche diritti e precarietà: le condizioni difficili dei rider nell’area grigia delle multinazionali e dell’immigrazione. 

Non c’è solo l’emergenza caldo. Arriverà il freddo, arriveranno condizioni di vita che impediranno ai rider di svolgere il loro lavoro, come una gravidanza, la maternità, o un periodo di malattia. E in questi periodi della vita, rischiano di perdere il reddito. È per questo che il Tribunale di Milano ha dato loro ragione, ordinando alla Foodinho srl, società di delivery Glovo, di avviare immediatamente un confronto e una consultazione con le parti sindacali.

Rider lavora per strada in estate
Caldo, il Tribunale dà ragione ai rider, ma ancora nessun tavolo con i sindacati, Filcams: “Siamo in ritardo, Glovo si faccia sentire” – notizie.com

Il giudice ha chiesto alla multinazionale di tenere conto, nella valutazione dei rischi, anche dell’età del rider, il genere, come detto la condizione di maternità e gravidanza, oltre che la provenienza geografica e la tipologia contrattuale.

Glovo dovrà incontrare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di Palermo e Trapani, e a cominciare dall’emergenza caldo, trovare una soluzione più ampia, che nei fatti abbraccia anche l’ambito dei diritti. Nel capoluogo siciliano, “l’azienda aveva nominato un RLS con una procedura secondo noi illegittima e che abbiamo impugnato”. A parlare con Notizie.com è Roberto Brambilla, sindacalista di Filcams Cgil nazionale, che ci ha aiutato a fare chiarezza in tutta la vicenda.

Abbiamo chiesto al Tribunale che venisse riconosciuto un RLST (un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ndr.) con competenza territoriale, perché i rider sono sparsi su tutto il territorio nazionale e non hanno una sola unità operativa. Il Tribunale ci ha dato ragione, indicando a Foodinho srl di procedere con questo riconoscimento. Poi però, a fronte dell’inattività dell’azienda e con l’aumentare del problema caldo, ci siamo rivolti nuovamente al giudice”. 

Brambilla (Filcams Cgil) a Notizie.com: “Tanti rider sono migranti, non parlano italiano, hanno difficoltà”

Così è arrivato l’ordine del Tribunale di Milano, che Glovo dovrà ora recepire. Secondo il giudice va aperto un confronto sulla sicurezza dei rider, e la multinazionale dovrà fornire loro dispositivi di sicurezza idonei a lavorare all’aperto sotto il sole rovente: abbigliamento consono, creme solari, acqua, sali minerali, eccetera. Il tavolo dovrebbe aprirsi a breve: “Ci aspettiamo nelle prossime ore, forse siamo già in ritardo. L’azienda si faccia sentire”, è l’appello che Brambilla affida a Notizie.com.

Ma non c’è solo questo. Perché come detto, presto arriverà l’inverno e i rider lavoreranno sotto la pioggia e al freddo: “Quella di quest’estate è solo una prima iniziativa, ma c’è una totalità di condizioni, ad esempio: circolano con mezzi di trasporto spesso precari”. 

Un’analisi dettagliata dei rischi, dunque, è la richiesta, che vada oltre l’emergenza caldo. “C’è un altro problema che sembra banale ma non lo è”, continua Brambilla. “Tanti di questi rider sono migranti e non parlano bene l’italiano. Possono avere difficoltà ad interpretare un’ordinanza regionale. Questo è un tema molto importante: il paradosso di una persona che lavora pur non potendo, e non è neppure a conoscenza di determinate cose perché non conosce la lingua. Ciò inoltre, non gli permette di rivendicare i diritti e organizzarsi. E le piattaforme sguazzano all’interno di quest’area grigia”. 

Un rider lavora al sole
Brambilla (Filcams Cgil) a Notizie.com: “Tanti rider sono migranti, non parlano italiano, hanno difficoltà” – notizie.com

La condizione dei rider “per noi non è accettabile così com’è”, come spiega, sempre ai microfoni di Notizie.com, Roberta Turi, segretaria nazionale di NIdiL Cgil. “Lavorano a cottimo, fortemente esposti sotto tanti punti di vista. Per noi deve cambiare tutta la loro condizione, e migliorare”.

C’è infatti, anche un altro tavolo di trattative tra l’associazione datoriale Assodelivery e i sindacati dei rider, che dopo due confronti non ha ancora dato esiti. Si tratta del caso scoppiato dopo il bonus caldo proposto da Glovo e contro il quale si sono scagliati le associazioni dei lavoratori. Nelle scorse settimane, sulle piattaforme dei rider era apparsa la proposta di guadagnare il 2% in più sulla consegna, lavorando a temperature tra i 32 e i 36 gradi, il 4% in più tra i 36 e i 40 e l’8% in più se il caldo superava i 40 gradi. Proprio in quelle ore, le regioni Lazio e Piemonte avevano ordinato lo stop al lavoro all’aperto in condizioni di caldo estremo, includendo i rider nel provvedimento.

Turi (NIdiL Cgil) a Notizie.com: “Le piattaforme rispettino la decisione del Tribunale”

Ma questi lavoratori non hanno ammortizzatori sociali, misure compensative”. Fermarsi, per i rider, equivale a non guadagnare. “È evidente che va bene tutelare la sicurezza e la salute, ma si deve tutelare anche il reddito delle persone”, commenta Turi a Notizie.com.

Entrambi i temi sono sul tavolo dei negoziati. “Noi chiediamo tutele vere. O ci vengono incontro oppure non possiamo fare qualcosa di diverso. Abbiamo avanzato le stesse richieste del giudice”. Sul bonus caldo, com’è noto Glovo ha fatto un passo indietro. Ora: “Se le piattaforme faranno quanto richiesto anche dal giudice di Milano, sarà possibile ragionare, altrimenti no”. 

“Necessarie più ispezioni alle multinazionali”

Eppure c’è una normativa europea che detta linee guida più specifiche per migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme digitali. “Sarebbe importante che venisse recepita, per amministrare davvero le condizioni di queste persone. Ma bisogna anche fare in modo che le regole vengano rispettate – continua Turi – noi possiamo fare denunce, ma poi servono altri organismi ispettivi”

Si parla ormai di caporalato digitale: uno sfruttamento che ha radici proprio nella condizione di bisogno in cui si trovano queste persone. “Sono ricattabili e hanno un’estrema necessità di guadagnare. Nel caso dei migranti, è chiaro che quello è l’unico lavoro che hanno, quindi sono in una condizione di grande fragilità”.

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