Sono ore di fibrillazione in Italia per il caso del respingimento in Libia del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Sullo sfondo ci sono nuove rivelazioni sul caso Almasri, i flussi migratori, un blitz contro una rete internazionale di trafficanti e la nave di una ong bloccata proprio ai sensi della Legge che porta il nome di Piantedosi. E che aveva soccorso naufraghi partiti proprio dalla Libia.
La sensazione è che sul mar Mediterraneo, stavolta, si stia giocando una partita internazionale sin troppo importante. Un match che si muove sul filo della diplomazia, degli accordi, del diritto internazionale e dei flussi migratori. Sul cui equilibrio si fonda molta della credibilità del governo di Giorgia Meloni. Ciò che è accaduto è che Piantedosi era in missione in Cirenaica con i Ministri di Grecia e Malta e con il commissario europeo Magnus Brunner.
I flussi migratori in aumento preoccupano infatti gli Stati meridionali dell’Unione. L’Italia da sempre si districa tra il governo debole, ma riconosciuto dall’Onu, di Tripoli, e quello ombra della Cirenaica dominata dagli uomini del generale Khalifa Haftar. Lo sforzo di Roma è quello di avere buoni rapporti con entrambe le parti, con l’obiettivo di frenare le partenze. La missione di cui sopra si è comunque chiusa con l’invito dei libici alla delegazione europea a lasciare il Paese, a causa pare di un incontro previsto con i vertici della Cirenaica.
Il Ministro italiano ha parlato di “un incidente” e del fatto che il viaggio in Libia era “importante e complesso”. All’indomani della visita flop, che sa tanto di apertura di un vaso di Pandora, si è scatenato il caos politico. Ad attendere Piantedosi c’erano nuove indiscrezioni sull’indagine che il Tribunale dei Ministri sta conducendo sulla mancata consegna del generale libico Najeem Osama Almasri alla Corte penale internazionale (Cpi) da parte del governo italiano.
Stando a quanto emerso fino a questo punto, l’esecutivo avuto tutto il tempo di riparare all’errore procedurale segnalato dalla Corte di appello di Roma, sulla mancata trasmissione delle informazioni al Ministero della Giustizia. Ma non lo ha fatto. L’opposizione ha chiesto a gran voce le dimissioni del Ministro Carlo Nordio, ma non è tutto. La Procura generale della Libia ha emesso un ordine formale di comparizione nei confronti di Almasri, in relazione alle imputazioni del mandato di arresto della Cpi.
L’Italia sembra insomma essere stretta in una morsa tra Libia, migranti e mar Mediterraneo. Ed è un mare che non si ferma mai. Così, mentre il governo dovrà fare i conti con Bengasi, con l’opposizione e con la giustizia, su quello stesso specchio d’acqua da un lato c’è l’Antimafia che nelle scorse ore ha sgominato una rete internazionale di trafficanti responsabile di decine di sbarchi, dall’altro c’è il veliero di una ong bloccato in porto per aver disatteso la normativa varata da Piantedosi.
Nel primo caso la polizia di Reggio Calabria ha indagato decine di persone di diverse nazionalità sospettate di fare parte un network internazionale criminale. Quest’ultimo garantiva il passaggio dei migranti clandestini da porti esteri fino alle coste italiane. Le traversate venivano affrontate con barche a vela a bordo delle quali i migranti, dietro un pagamento variabile tra i 4mila e i 12mila dollari, venivano stipati all’inverosimile. Quasi duemila migranti sarebbero giunti così in Italia per un volume d’affari stimato nell’ordine dei dieci milioni di euro.
Nel secondo caso al veliero civile Nadir, gestito dalla ong tedesca Resqship, è stato impedito di salpare per la seconda volta in un mese. La nave ha soccorso 59 persone da un’imbarcazione di legno in difficoltà in acque internazionali, portandole in salvo. Partiti da Zuwarah, in Libia, il. 2 luglio, i naufraghi erano gravemente disidratati. Il Nadir ha preso a bordo tutti i naufraghi e si è diretto al porto sicuro ufficialmente assegnato, Lampedusa. Qui tutti sono sbarcati nelle prime ore del mattino di sabato 5 luglio.
Quello stesso pomeriggio, le autorità italiane hanno avviato un’indagine sull’operazione e hanno emesso un ordine di fermo sulla base del fatto che l’equipaggio del veliero non aveva informato le autorità di Malta, sebbene l’Mrcc (Maritime rescue coordination centre) di Roma avesse assunto il coordinamento del caso.
“Riteniamo che vi sia una strategia deliberata per ostacolare le operazioni civili di soccorso. – ci hanno detto da Resqship, in esclusiva per Notizie.com – La legge Piantedosi utilizza strumenti amministrativi per colpire selettivamente chi salva vite. Impedendoci di operare in mare anche dopo interventi condotti nel pieno rispetto del diritto internazionale. Abbiamo sempre ottemperato agli obblighi previsti e collaborato pienamente con le autorità italiane, seguendo le indicazioni ricevute”.
Il 4 luglio Resqship ha operato su richiesta di Seabird3 e in coordinamento con il Centro di Roma. Ma è stata accusata di non aver informato La Valletta. “Nadir è una piccola imbarcazione a vela. Pattuglia il Mediterraneo centrale per monitorare le violazioni dei diritti umani. – hanno continuato dalla ong tedesca – Come ogni altra imbarcazione in mare, abbiamo l’obbligo di intervenire quando vediamo una barca in difficoltà. In seguito a un Mayday Relay lanciato dall’aereo civile Seabird3, ci siamo diretti verso una barca gravemente inclinata”.
Dall’organizzazione hanno spiegato che sin dal momento dell’arrivo sul posto, il Centro di coordinamento di Roma era al corrente della situazione e dell’intenzione di prestare assistenza: “Nadir rispetta il diritto internazionale e agisce sempre in conformità con esso quando soccorre persone in pericolo e fornisce il primo soccorso“. Ma, quando si tratta della Libia nulla è così scontato.
“Ciò che dovrebbe essere esaminato – hanno affermato dalla ong – è il fatto che le autorità europee non stanno adempiendo al loro dovere di proteggere le vite umane in mare. E di condurre le persone in un porto sicuro, come previsto dalla Convenzione Solas. Ostacolare le ong è solo un modo per distogliere l’attenzione da ciò che accade realmente. Solo ieri, i rappresentanti italiani hanno stretto nuovi accordi con la cosiddetta guardia costiera libica. Offrendo altre imbarcazioni per intercettare le persone in movimento e riportarle nei campi di tortura, schiavitù, stupro e morte“.
“Col decreto-legge Piantedosi, non sappiamo cosa accadrà. Finora abbiamo ricevuto solo un’informazione verbale e dovremo attendere per vedere cosa succederà nei prossimi giorni. Prima di giugno 2025 l’imbarcazione Nadir non era mai stata sottoposta a procedimenti o fermi amministrativi. L’equipaggio ha sempre collaborato con le autorità competenti nel pieno rispetto delle norme vigenti, cosa che continua a fare tuttora. Identifichiamo gravi lacune nella cooperazione tra Stati e assistiamo a una crescente repressione, ora estesa anche alle piccole imbarcazioni. Sul piano europeo, registriamo un disimpegno progressivo, compresi i tagli ai fondi destinati al soccorso civile”.
L’operazione Medusa della Dda di Reggio Calabria ha smantellato una rete criminale transnazionale capace di gestire il traffico di esseri umani lungo la rotta del Mediterraneo. Abbiamo chiesto alla ong quanto è diventato difficile distinguere, nell’opinione pubblica e nella narrativa politica, chi lucra sul dolore dei migranti e quanto pesa questa sovrapposizione nel lavoro sul campo.
“Il nostro lavoro è pubblico, trasparente e senza fini di lucro. – ci hanno risposto da Resqship – La confusione narrativa alimentata a livello politico danneggia l’opinione pubblica. E ostacola l’azione umanitaria, ma non modifica la nostra missione: salvare vite in mare nel rispetto del diritto. È una narrazione fuorviante. Le ong non facilitano il traffico di esseri umani ma lo contrastano, salvando vite laddove gli Stati (a cui spetta la responsabilità di coordinare operazioni di soccorso) hanno scelto di non intervenire”.
“Confondere chi sfrutta la disperazione per profitto con chi agisce per obbligo morale e giuridico è pericoloso. I trafficanti operano perché non esistono canali sicuri e legali di accesso in Europa. Senza operazioni di soccorso civili, le persone continueranno a partire comunque, ma moriranno in silenzio. La nostra presenza rompe l’invisibilità di queste rotte e documenta le violazioni. Criminalizzare le ong non interrompe le migrazioni, ma le rende più letali”.