Il cammino nucleare dell’Iran: il Jcpoa, l’uranio, le centrali sotterranee e le bombe di profondità. Trump: “Putin pronto a mediare”

Vladimir Putin “è ponto” a mediare nel conflitto fra Israele ed Iran. Ne è sicuro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Il tycoon ha specificato che sarebbe stato proprio il capo del Cremlino a chiamare Washington: “Ne abbiamo parlato a lungo”. Un ruolo che si preannuncia delicatissimo, mentre continuano i lanci di missili da una parte e dall’altra.

Crisi nucleare tra Iran ed Israele, una donna cammina a Teheran davanti ad un murales
Il cammino nucleare dell’Iran: il Jcpoa, l’uranio, le centrali sotterranee e le bombe di profondità. Trump: “Putin pronto a mediare” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Sono in molti ad avere dubbi in merito alla mediazione russa, considerando che Mosca tre anni or sono ha aggredito l’Ucraina dando origine ad un conflitto nel cuore dell’Europa che dura tuttora. Ma la Russia è già una figura chiave nel quadro del nucleare iraniano. Su quanto sta accadendo tra Israele ed Iran, allora, è necessario fare un passo indietro per capire i motivi per cui gli esperti del Bulletin of the Atomic scientists hanno scritto in queste ore che l’attacco sferrato da Israele “è stato sconcertante ma non del tutto inaspettato”.

Partiamo dal 14 luglio 2015, quando a Vienna è stato siglato il Jcpoa (Joint comprehensive plan of action). Si tratta del Piano d’azione congiunto globale, un accordo sul nucleare iraniano sottoscritto dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Ovvero Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, più la Germania, con l’Unione europea come mediatrice. Lo scopo dell’accordo era quello di limitare il programma iraniano in cambio di un alleggerimento delle sanzioni economiche internazionali.

Iran, il caso del limite dell’arricchimento dell’uranio

Tre anni dopo, nel corso del suo primo mandato, Trump si ritirò dall’accordo, reintroducendo le sanzioni. L’Iran cominciò quindi a non rispettare diverse clausole, in primis quella del limite dell’arricchimento dell’uranio fino al 3,67%. All’inizio del 2025, secondo un rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) l’Iran avrebbe prodotto quasi 300 libbre di uranio arricchito al 60%. Per alimentare un’arma nucleare è necessario il 90%. Ciò ha fatto scattare numerosi campanelli d’allarme sia in Medio Oriente sia negli Usa.

A bassi livelli, l’arricchimento dell’uranio viene utilizzato per scopi di ricerca e di produzione di energia. L’Iran ha sempre affermato di non avere alcuna intenzione di costruire un’arma nucleare. Tanto più che non avrebbe mai sviluppato armamenti in grado di trasportarne o di lanciarne una. Comunque sia, Usa ed Israele vedono comunque altissimo il rischio di destabilizzare la regione, ed in particolare Tel Aviv ritiene che lo sviluppo di un’arma atomica da parte di Teheran minaccerebbe la propria sopravvivenza.

Crisi nucleare tra Iran ed Israele, Tel Aviv colpisce siti
Iran, il caso del limite dell’arricchimento dell’uranio (ANSA FOTO) – Notizie.com

Sono cinque i siti nucleari iraniani sotto la supervisione (parziale o totale) dell’Aiea. Natanz, nella provincia di Isfahan, è un impianto sotterraneo di arricchimento. Anche Fardow, nelle vicinanze di Qom, è un sito sotterraneo. È fortificato e costruito in una montagna. Nella provincia di Markazi, ad Arak, c’è invece un reattore ad acqua pesante, attualmente fuori uso in quanto era destinato a produrre plutonio per uso militare.

Bushehr è invece la prima centrale nucleare iraniana, costruita con l’assistenza della Russia. L’impianto produce energia elettrica e non è considerata un rischio immediato per la proliferazione. Nella capitale, infine, esiste il Teheran research center (Trr), un vecchio reattore di ricerca fornito dagli Stati Uniti negli anni ’60 che viene utilizzato per produrre isotopi a scopo medicale.

Crisi tra Israele ed Iran, l’ipotesi della deterrenza convenzionale

Prima dell’attacco di Israele, era stata ventilata anche l’ipotesi di un consorzio nucleare regionale che facesse da garante. I raid di Israele a questo punto potrebbero essere utilizzati dall’Iran, che ha già mancato un nuovo confronto con gli Usa che era previsto in Oman, come giustificazione e motivazione per progredire verso lo sviluppo di armi nucleari, confermando che la deterrenza convenzionale è insufficiente. C’è poi da prendere in considerazione l’azione dal punto di vista prettamente militare.

Il programma nucleare iraniano è distribuito su un’ampia area geografica. Come già detto, alcune strutture si trovano molto in profondità nel sottosuolo. Sono poche le armi aeree convenzionali in grado di raggiungerle. Una di esse sarebbe la Gbu-57A/B Massive ordnance penetrator statunitense. Ha un peso di oltre dodici tonnellate e una lunghezza di oltre sei metri, e può essere trasportata solo da enormi bombardieri B-2 Spirit. Ma gli Usa non hanno contribuito, al momento, all’attacco.

Per raggiungere i siti, infatti, Israele ha utilizzato anche sabotaggi e uccisioni mirate. Jon Wolfsthal, esperto nucleare e direttore del dipartimento rischi globali della Federazione degli scienziati americani, si è detto scettico sul fatto che l’attacco possa aver alterato significativamente il programma nucleare iraniano. “L’Iran probabilmente stava pianificando questo giorno da mesi o anni. Dobbiamo presumere che abbia accumulato molte risorse per ricostruire o costruire un’arma in tempi brevi. – ha concluso Wolfsthal – Non si può bombardare un programma nucleare”.

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