Margaret, Simonetta, Ana Sergia. E poi Vanessa, Rossella e tanti altri. Sono troppe le vittime di operazioni che dovevano migliorare il loro aspetto. Operazioni considerate di routine.
Interventi dai quali, dopo i decessi, scaturiscono inchieste che rivelano un sottobosco impressionante di superficialità, illegalità, mancanza di permessi. Situazioni paradossali e a tratti incredibili, come il caso del medico indagato per la morte di Ana Sergia.
L’uomo, infatti, oltre a operare senza autorizzazioni, si autodefiniva “il maestro del pollo allo spiedo” all’inaugurazione di un ristorante. Il tutto è alimentato da campagne marketing su un’onda social che attrae giovani e meno giovani. Un linguaggio semplice e mirato, e prezzi super accessibili. Una malasanità 2.0 che l’Ordine dei Medici e le associazioni cercano di arginare da tempo. Ma che è come frapporre una piccola diga ad uno tsunami.
L’ultima vittima di un sistema malato è Ana Sergia Alcivar Chenche, 47enne originaria all’Ecuador, morta nelle scorse ore dopo un intervento di liposuzione effettuato in uno studio privato di Roma. La donna è arrivata al Policlinico Umberto I di Roma in condizioni disperate. Sul caso la Procura della Repubblica capitolina ha già aperto un’inchiesta per omicidio colposo. Nel fascicolo sono stati iscritti i nomi di tre indagati: un medico, un anestesista ed un’infermiera.
Chi è Josè Gregorio Lizarraga Piciotti, indagato per la morte di Ana Sergia
Il medico che avrebbe operato Ana Sergia è Josè Gregorio Lizarraga Piciotti, peruviano di 65 anni. L’uomo avrebbe effettuato l’intervento nel suo studio privato in via Francesco Roncati, nella zona di Torrevecchia, nella periferia nord-ovest di Roma. Dagli accertamenti è emerso che lo studio era sprovvisto di autorizzazione da ben tredici anni. Il titolare ha precedenti per lesioni riguardo a interventi avvenuti nel 2006 e nel 2018.
Era già stato denunciato da pazienti che si erano sottoposti a liposuzione e interventi di chirurgia estetica. Il 26 novembre del 2018 aveva inviato ai Nas e all’Asl un’autodichiarazione in cui assicurava che nello studio medico non venivano eseguiti interventi chirurgici invasivi. Josè ha un profilo Instagram seguito da migliaia di persone. Nel feed numerosi post in cui pubblicizza la sua attività: “Libera la tua bellezza con i prezzi migliori del mercato italiano”.
“Botox (il migliore di tutto il mercato europeo) 3 zone: fronte, contorno occhi e glabella 199 euro. – si legge in un contenuto del 3 gennaio scorso – Acido Ialuronico: labbra, rinofiller, ecc. 199 euro a siringa. Piastrine (Prp): viso, collo e décolleté con glutatione (il re degli antiossidanti) 199 euro. Grande promozione: tutti i nostri trattamenti dermatologici includono gratuitamente un trattamento con radiofrequenza per viso e collo”.
Il profilo è stato preso d’assalto da persone indignate in queste ore. Tra i commenti quello di Marisol, una donna che ha raccontato come lo stesso medico avrebbe operato la madre, deceduta poi dopo un anno. Un’altra storia già denunciata alle autorità. Ma non è tutto. Josè Lizarraga Picciotti, sempre su Istagram, aveva pubblicizzato l’apertura di un ristorante peruviano definendosi “il maestro del pollo alla brace del Perù a Roma”.
Le storie di Margaret, Simonetta, Vanessa e Rossella
Torniamo ai casi che sono saliti alla ribalta della cronaca negli ultimi tempi. Alla base c’è un mercato della chirurgia estetica sempre più in espansione. Negli ultimi anni sono sorti tanti studi che offrono prezzi concorrenziali ma senza garanzie minime. Margaret Spada è morta a 22 anni il 7 novembre scorso a Roma dopo dopo tre giorni di agonia per un intervento di rinoplastica parziale in un centro medico che la ragazza aveva scelto sui social.
La struttura, nel quartiere Eur, non era provvista di autorizzazione per quel tipo di intervento. Uno dei titolari era privo di specializzazione e non poteva effettuare interventi di chirurgia estetica/plastica non a scopo ricostruttivo. Il 6 marzo, in uno studio di medicina estetica di Cinecittà, la liposuzione è costata la vita a una donna di 62 anni, Simonetta Kalfus. La causa, secondo l’autopsia, sarebbe stata una grave sepsi. Nel registro degli indagati erano stati iscritti tre medici.
Vanessa Cella di 37 anni, morì a marzo del 2022 dopo essere stata sottoposta a tre operazioni consecutive (rinoplastica, liposuzione e mastoplastica additiva) nelle sale chirurgiche della clinica Santa Maria la Bruna di Torre del Greco, in provincia di Napoli. Dopo le operazioni, la donna fu colpita da un malore. La 37enne giunse in ospedale già priva di vita, stroncata durante il trasporto da un arresto cardiaco.
Nel registro degli indagati finirono cinque medici accusati di omicidio colposo in concorso. Nel marzo 2014 Rossella Daga, di 39 anni, cagliaritana, morì nella sua abitazione, il giorno dopo aver subito un intervento di liposuzione in uno studio privato di Cagliari. Il chirurgo estetico che la operò fu iscritto nel registro degli indagati.
“L’ultima tragedia di Ana Sergia riporta alla mente i casi dei mesi scorsi e ripropone la domanda su come sia possibile morire per un intervento estetico, un’operazione di routine. – ha detto Ivano Giacomelli, segretario nazionale dell’associazione Codici – Siamo impegnati da anni contro la malasanità attraverso la campagna ‘Indigniamoci!’, che coinvolge tutti gli Sportelli presenti sul territorio nazionale per raccogliere le segnalazioni dei pazienti e fornire assistenza”.