Morto Messina Denaro, il primo interrogatorio del boss: “Non mi pentirò”

Morto Matteo Messina Denaro, il primo interrogatorio da parte del boss: “Non mi pentirò mai”

Dopo l’aggravarsi delle sue condizioni nella serata di venerdì 22 settembre, nelle prime ore del mattino di questo lunedì 25 settembre è arrivata la notizia della sua morte: Matteo Messina Denaro si è spento all’età di 61 anni. La sua cattura si verificò a metà gennaio di quest’anno, precisamente il giorno 16, quando si trovava nella clinica “La Maddalena” di Palermo. Il boss era pronto per sottoporsi ad una seduta di chemioterapia per via del tumore che lo ha colpito al colon.

Il primo interrogatorio del boss
Morto Matteo Messina Denaro (Ansa Foto) Notizie.com

Quasi un mese più tardi, il 13 febbraio, ci fu il primo interrogatorio reso dal boss dinanzi ai magistrati. “Non sono un mafioso e non mi pentirò mai“. Queste furono le sue parole dinanzi ai magistrati di Palermo che lo interrogavano. In meno di due ore aveva affrontato vari temi come quelli della mafia, la sua famiglia ed anche del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ad ascoltare le sue parole il Procuratore capo del capoluogo siciliano, Maurizio De Lucia e quello aggiunto, Paolo Guido.

Morto Messina Denaro, il primo interrogatorio reso dal boss ai magistrati

Queste furono le altre sue parole: “Io non voglio fare il superuomo e nemmeno l’arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia. Ora che ho la malattia non posso stare più fuori e debbo ritornare qua. Allora mi metto a fare una vita da albero piantato in mezzo alla foresta“. Non solo: diceva che a Campobello di Mazara, dove viveva, sotto falso nome “mi sono creato un’altra identità: Francesco“. Come svolgeva la sua vita? Andava a giocava a poker, giovava ad altro e andava a mangiare al ristorante.

Il primo interrogatorio del boss
Morto Matteo Messina Denaro (Ansa Foto) Notizie.com

Quando gli venne chiesto cosa ne sapesse di “Cosa Nostra” la sua risposta è stata questa: “Io mi sento uomo d’onore, ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali… magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra“. Sui reati in cui era stato accusato: “Stragi e omicidi, non c’entro nella maniera più assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare”.

Senza dimenticare che ha allontanato anche l’ipotesi di avere svolto un ruolo nell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del
pentito Santino Di Matteo, rapito a 12 anni e poi ucciso e sciolto nell’acido a 14 anni. “Una cosa fatemela dire. Io non sono un santo, ma con l’omicidio del bambino non c’entro“. A decidere tutto fu Giovanni Brusca, “Mi sento appioppare un omicidio, mi devono appioppare il sequestro di persona. Lo faccio per una questione di principio. E poi a tutti, cioè loro lo hanno ammazzato, lo hanno sciolto nell’acido e alla fine quello a pagare sono io? Ma ingiustizie quante ne devo subire?“.

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