Il nome segreto di Roma: qual era e perché non si poteva rivelare

La città di Roma, ai tempi del glorioso impero, aveva un nome segreto che però veniva custodito così gelosamente al punto da essere tenuto totalmente nascosto. C’era però una ragione ben precisa perché tutto questo avvenisse. Solamente la sua pronuncia, infatti, secondo le credenze pagane praticate nell’Urbe avrebbe comportato un grave sacrilegio. 

Gli antichi romani, infatti, si rifacevano al rito cosiddetto dell’Evocatio. Attraverso questo, infatti, solamente pronunciando un nome si praticava l’invocazione del dio protettore di uno specifico luogo, davanti alle sue mura, durante un assedio.

roma città eterna
(Ansa)

Una conoscenza che valeva molto per chi la possedeva: conoscere il nome del dio in questione significava impadronirsi nientemeno che dell’essenza della città assediata, e questo permetteva così agli assalitori, in battaglia, di avere la forza di sottometterla. La religione praticata a Roma prima dell’avvento del cristianesimo, infatti, aveva aspetti fortemente materialistici. Spesso tramite le credenze religiose in voga a Roma, in seguito definite “pagane”, si legittimavano azioni politiche e militari. Al punto che, come già accadeva anche nelle civiltà più antica e precedenti, ad esempio in Grecia, il potere dell’imperatore finiva per presentarsi come direttamente collegato a quello divino, che in questo modo si trovava ad essere incaricato nelle sue azioni direttamente “dal cielo”.

La questione del nome segreto di Roma: qual era?

Sulla questione del nome sconosciuto di una città, invece, ci sono numerosi aneddoti riportati fino a noi dagli storici dell’età antica. Pare infatti che ogni luogo poteva arrivare ad avere tre nomi. Di questi, ve ne era uno sacrale, uno pubblico e uno segreto. Lo stesso accadeva quindi per Roma, il cui nome pare fosse inscindibilmente legato al tema dell’amore. Nella letteratura classica e moderna innumerevoli volte si è cantato e narrato la bellezza della Città eterna. Come ad esempio Giovanni Pascoli, che lo ha fatto nell’ode Inno a Roma, descrivendo la Capitale con l’appellativo di Amor, palindromo del nome stesso, ovvero la riproposizione del nome al contrario. Pascoli descriveva così Roma come l’amore in quanto tale. In questo vi era perciò, da parte del poeta, una dedica segreta della città a Venere, dea dell’amore e della bellezza, madre di Enea e della stirpe romana, ricollegata in questo modo al suo culto pagano.

Vi sono però altre versioni su quale potesse essere il nome in questione. Alcuni studiosi sostenevano invece che il nome segreto fosse Maia, la Pleiade madre di Mercurio. Si narra che il poeta Ovidio venne esiliato dalla città per averne rivelato questo nome segreto. Era infatti strettamente necessario che il nome della Città di Roma sarebbe dovuto rimanere nascosto, per non finire in preda al rischio di finire sottomessa da una potenza esterna e nemica. Attraverso il nome, infatti, si poteva esprimere l’essenza e l’energia di un oggetto o di un’entità, e chiamarla con un nome diverso o addirittura sconosciuto avrebbe significato influire, tanto nel bene quanto nel male, su quel medesimo oggetto.

roma città eterna
(Ansa)

Altre credenze antiche, pagane e misteriose, sostengono che il nome segreto della città di Roma fosse Valènzia, nome sacro tenuto nascosto dagli Auguri perché nessuno potesse imprecarlo. Accadeva però lo stesso per le donne romane, in particolare per le sacerdotesse, che avevano sia un nome privato che uno pubblico. Il primo era rivelato solo al marito, che lo teneva rigorosamente sacreto per evitare quindi che qualcuno potesse così influenzare la vita della stessa donna, gettandole ad esempio addosso un “maleficio” o una maledizione.

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