Covid e Pfizer, effetti avversi d’elusione: i guai del gruppo a livello mondiale

Il colosso farmaceutico ha anche pagato maxi multe per problemi sulle prescrizioni, ma ha anche altri problemi che stanno venendo fuori

Fosse soltanto la verifica fiscale in Italia: Pfizer, negli ultimi 30 anni di attività, ha collezionato talmente tanti provvedimenti giudiziari da aggiudicarsi, nel 2017, il titolo di «peggior azienda farmaceutica al mondo» secondo il Reputation institute americano. Motivazione: era l’azienda che i consumatori associavano maggiormente ad «arroganza e avidità». Andamento confermato nel 2021, anno in cui la società neanche figurava fra le prime 100 aziende con la migliore reputazione. Eppure, stiamo parlando del brand che ha distribuito nel nostro Paese la maggior quantità di «salvifico vaccino», ovvero quella tipologia di farmaco che l’ex ministro Roberto Speranza voleva fosse menzionato in Aula dal premier Giorgia Meloni e che, secondo Enrico Letta, rappresenta la «libertà».

Il colosso
Lo stabilimento della Pfizer di Ascoli Piceno (Ansa)

La libertà se l’è intanto concessa Pfizer, avendo potuto pagare, nel 2009, la multa più alta mai comminata dal dipartimento di Giustizia Usa a un’azienda farmaceutica: ben 2,3 miliardi di dollari per risolvere l’accusa di aver commercializzato off label l’antidolorifico Bextra, l’antipsicotico Geodon, l’antibiotico Zyvox e Lyrica, contro il dolore nervoso. Bextra era stato approvato da Fda nel 2001 contro artrite e crampi mestruali, Pfizer incaricò i suoi rappresentanti di trasferire i medicinali ai dottori per patologie diverse e in dosi superiori: fu ritirato nel 2005 per rischi al cuore.

L’Oms curava 200 bambini con il Ceftriaxone, 100 furono presi a carico da Pfizer con il nuovo antibiotico Trovan. Cinque morirono e altri ebbero danni permanenti

Il problema
All’inizio della pandemia i vaccini Pfzizer sono stati quelli più usati (Ansa)

Pfizer è nata nel 1849 e i suoi maggiori azionisti sono i fondi Blackrock e Vanguard (nonché principali investitori istituzionali di Facebook). Visto l’enorme volume d’affari, quella di Bextra non è stata certo l’unica vicenda giudiziaria in cui è stata coinvolta. Nel 1996 fu travolta dal «contenzioso di Kano» in Nigeria dove, secondo l’accusa, molti bambini malati di meningite sarebbero stati oggetto di una sperimentazione non autorizzata. L’Oms curava 200 bambini con il Ceftriaxone, 100 furono presi a carico da Pfizer con il nuovo antibiotico Trovan. Cinque morirono e altri ebbero danni permanenti: l’accusa imputò i decessi al protocollo con dosaggio standard anziché pediatrico e, secondo il Washington Post, almeno un caso sarebbe stato accertato. Pfizer sostenne che i decessi erano da attribuire alla gravità della malattia e non all’inefficacia del farmaco. Nel 1998, Trovan fu però ritirato dal mercato per alta tossicità.

Due cause sono ancora pendenti presso la Corte di New York e la responsabilità di Pfizer è ancora da accertare. Finito? No: Pfizer ha affrontato moltissime cause per marketing illegale. Alcune sono state archiviate, altre si sono risolte con patteggiamenti o condanne. Dal 2004 al 2014, la società ha sborsato 945 milioni di dollari per aver propagandato il Neurontin per usi non approvati da Fda (off label). Nel 2012, ha pagato 55 milioni di dollari per il marketing off label del Protonix. Ci sono poi le contese brevettuali, tra cui quella con Moderna, che ad agosto ha citato Pfizer e Biontech per aver «illegalmente copiato le invenzioni di Moderna e continuato a usarle senza permesso». Nel 2010 Pfizer è stata accusata di aver speso 19,8 milioni di dollari per ospitare 384 medici americani in seminari in località turistiche: da quell’anno l’azienda pubblica tutte le informazioni su lobbying e contributi erogati alle istituzioni. Un rapporto Oxfam del 2018 ha inoltre sostenuto che Abbott, Johnson, Merck e Pfizer avrebbero eluso le tasse collocando, legalmente, miliardi in paradisi fiscali. Le multe non sarebbero deterrenti efficaci: quando Pfizer pagò quella più alta, il New York Times notò che l’ammenda record corrispondeva a «meno di tre settimane di vendite».

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