Giorgia Meloni e il voto cattolico, la Chiesa non parla ma apprezza

Cattolici e politica, alle prossime elezioni il tema del voto della Chiesa e dei fedeli sembra passare sottotraccia, almeno nei grandi giornali. Pare tuttavia che qualcosa si muova, e che anche le stesse gerarchie apprezzino in modo particolare la discrezione di Giorgia Meloni rispetto alla vanteria e allo sfoggio dei valori cattolici operata dal compagno di coalizione Matteo Salvini. 

zuppi parolin
(Ansa)

Qual è oggi la posizione della Chiesa cattolica rispetto alle prossime elezioni del 25 settembre? Si tratta di una delle domande ad oggi rimaste inevase, nonostante l’importanza di un tema che attraversa la storia d’Italia e che possiede un peso non indifferente visto il numero di cattolici praticanti e di influenza della Chiesa nella vita del Paese. Tanto nelle grandi città quanto nelle piccole province più periferiche del Paese, dove la parrocchia è spesso rimasta l’unico soggetto culturale capace di creare aggregazione.

I cambiamenti intercorsi negli anni

Un tempo la voce della Chiesa risuonava spesso chiara e potente, grazie però all’appoggio sostanzialmente implicito al partito cattolico che dominò la scena italiana dal dopoguerra fino a Tangentopoli. A quel punto iniziò la diaspora dei cattolici, con la scissione della Chiesa in due filoni di pensiero politico, in particolare tra le gerarchie. Quella di Ruini, con l’appoggio dei partiti di centrodestra intessuto da un dialogo costante e fecondo con i cosiddetti “atei devoti”. E la componente invece più progressista, dove vescovi e personalità di curia invitavano a scegliere alle elezioni i cattolici democratici rappresentati dall’Ulivo di Romano Prodi, mentre il popolo fedele continuava a guardare diversamente a destra, ai “valori non negoziabili” o ai tentativi centristi di espressione dei principi della cultura cattolica e della Dottrina sociale della Chiesa.

Oggi, da diversi anni a questa parte, è cosa nota che la cifra più significativa dell’atteggiamento della Chiesa italiana sia il silenzio. O quantomeno, il nascondimento dietro pronunciamenti di carattere generale e vago, che non significa distanza dalla politica, tutt’altro. Ma che al contrario spesso indicano un dialogo sotterraneo, nascosto ma tuttavia molto attivo, e talvolta persino proficuo. Portato avanti, in assenza di partiti e soggetti politici cattolici, direttamente dal clero.

In questo contesto, nelle scorse settimane hanno fatto rumore una serie di editoriali apparsi sulle colonne del Corriere, uno a firma di Andrea Riccardi e l’altro di Ernesto Galli della Loggia, capaci di offrire in maniera plastica, seppure celata, la dimostrazione di questa divisione all’interno del mondo cattolico che ancora perdura dal punto di vista della politica, e che si ripresenta inevitabilmente ogni volta con le elezioni.

Cosa dicono i sondaggi sul voto cattolico

I sondaggi mostrano infatti una pressoché equidistanza dell’elettorato cattolico dai diversi partiti. Il voto cattolico risultava infatti, fino a pochi anni fa, sostanzialmente diviso nella stessa identica maniera di quello non cattolico, a confermare ormai la tanto citata irrilevanza dei cattolici in politica, o meglio la loro assenza. Che non significa però irrilevanza dei temi cari al mondo cattolico, che al contrario concorrono pienamente al delinearsi delle agende dei vari partiti, anche qui divisi tra destra e sinistra.

Da una parte la difesa della vita, della famiglia naturale, dei confini nazionali, del ruolo pubblico della Chiesa e della sua tradizione. Dall’altra la vicinanza ai poveri e ai sofferenti, ai migranti, alle nuove ideologie tra cui quella ambientalista o del gender, con la difesa di aborto, eutanasia, utero in affitto e l’introduzione di una sempre maggiore pluralità di scelta in ambito pubblico, dal punto di vista culturale. Con la Chiesa, però, sempre più rilegata in secondo piano, quando non esplicitamente avversata e osteggiata.

Ma a differenza della teatralità di Salvini, con i suoi Rosari e le sue immagini devozionali costantemente ostentate, abbinati alla sua storia non proprio esplicitamente cattolica che porta molti a pensare a una strumentalizzazione visibile della fede, Giorgia Meloni vive il suo essere dalla parte dei valori cattolici con una certa discrezione, senza sciorinare protezioni dei santi e apparizioni mistiche a destra e a manca, ma manifestando comunque vicinanza al mondo cattolico e alle sue preoccupazioni. L’unico riferimento offerto dalla Meloni in questo senso si è sintetizzato nel suo celebre discorso diventato slogan, “Io sono Giorgia, sono una madre, sono cristiana”.

Il Vaticano vuole bene a tutti ma di più a Giorgia Meloni

Un atteggiamento che sembra non dispiacere affatto ai vertici della gerarchia cattolica. Tanto che, scrive Renato Farina su Libero, “voci bene informate spiegano che il Vaticano vuole bene a tutti ma di più a Giorgia Meloni, non perché di “destra”, ma per la passione e sincerità che comunica nel suo modo di dirsi «madre e cristiana» (in prima fila il cardinale Parolin, segretario di Stato)”.

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(Ansa)

Una seconda traccia poi lasciata in questo senso è rappresentata dal volantino di Comunione e liberazione diffuso ai propri iscritti, in cui la nuova guida dell’influente Movimento, il laico Davide Prosperi, subentrato a don Julián Carrón, dimessosi per forza del decreto di Papa Francesco che limita e mette un freno allo strapotere della guida dei movimenti cattolici dopo la morte dei loro fondatori, rimette al centro con chiarezza dei punti, dopo anni di sfumature sempre più ingombranti sugli stessi valori. Che sono: pace, impegno politico e sociale, sussidiarietà e spinta dal basso per il bene comune e a favore dei più deboli, tutela della famiglia naturale, del matrimonio, della vita e della libertà di educazione, nonché per ultimo attenzione centrale alla questione del lavoro.

Temi, insomma, più che nomi, che possono fare molto bene al dibattito elettorale in corso. Anche perché, per quanto riguarda i secondi, anche quest’anno la platea di CL al Meeting è stata più eloquente di qualsiasi altro discorso o progettazione dall’alto. Applaudendo con energia, prima del confronto tra i leader, proprio la favorita ai prossimi sondaggi.

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