Draghi appoggia l’Ucraina nella Ue: i 600 miliardi per ricostruirla chi li mette?

Il Premier italiano, ha evitato di spiegare cosa ha chiesto in cambio: secondo il giornale tedesco Welt si al via libera a patto Zelensky cali le braghe

L’Ucraina entra nella Ue. E fin qui tutti sembrano d’accordo, anche e soprattutto i tre leader di Francia, Italia e Germania che sono andati fino a Kiev per suggellare questo patto con Zelenski. Durante quella visita Mario Draghi, come ha sottolineato Belpietro sulle colonne della Verità, ha ribadito di volere l’Ucraina nella Ue, dichiarando di essere pronto a sostenere questa posizione nel prossimo Consiglio europeo. Il problema è che il presidente del Consiglio italiano ha evitato di spiegare che cosa ha chiesto in cambio, se cioè abbia offerto – come ieri ha scritto il giornale tedesco Welt – il via libera all’ingresso nell’Unione, a patto però che Volodymyr Zelensky cali le braghe, cioè accetti di trattare con Putin e, di conseguenza, anche di rinunciare a parte del suo Paese.

L'incontro
La riunione a Kiev tra i leader di Italia, Francia e Germania con Zelenski (foto Ansa)

Dietro le parole amichevoli e i sorrisi di circostanza, la Troika (così la chiama il quotidiano di Berlino) avrebbe pronunciato parole chiare. Un po’ meno chiaro è chi pagherebbe il conto di un ingresso di Kiev nella Ue, cioè chi sosterrebbe il peso della ricostruzione e del fabbisogno finanziario che, una volta firmata una tregua, servirebbero all’Ucraina per poter entrare nella Ue e tornare a un’apparente normalità. Zelensky ha più volte parlato di almeno 600 miliardi, a tanto infatti ammonterebbe il costo per rimettere in piedi il Paese dopo il passaggio dei tank russi e dei missili ipersonici.

600 miliardi per ricostruire l’Ucraina equivalgono a un quarto del debito italiano più della metà di quello che mise in crisi la Grecia davanti all’Europa

La riflessione
I due presidente di Italia e Francia, Draghi e Macron a Kiev (foto Ansa)

La cifra indicata dal presidente ucraino rappresenta più o meno un quarto del debito pubblico italiano e poco meno di un terzo di tutto il Recovery plan dell’intera Europa. Insomma, ciò che servirà per far ripartire l’Ucraina non sono noccioline, ma soldi e tanti. Chi li metterà e in cambio di che cosa? Al momento non è chiaro. Dire che l’Italia sosterrà la richiesta di Kiev di entrare nella Ue non costa nulla, costerà invece molto di più passare dalle parole ai fatti. Per chi se lo fosse dimenticato, 13 anni fa la Grecia fu costretta a una cura di lacrime e sangue perché il suo debito, che aveva raggiunto il 100 per cento del Pil, era di 350 miliardi di euro. Prima della guerra, il prodotto interno lordo dell’Ucraina era pari a circa 150 miliardi di euro, cioè un quarto di ciò che servirebbe per ricostruire il Paese secondo lo stesso Zelensky.

Dunque, la domanda è: chi mette i soldi? I Paesi europei, come ebbe a dire lo stesso presidente ucraino tempo fa, invocando “l’adozione” delle città devastate dalle bombe russe? La Gran Bretagna si sarebbe offerta di adottare Kiev, ma siccome Boris Johnson non è un benefattore, è evidente che in cambio vorrà qualche concessione. In pratica, Zelensky è di fronte a un bivio: regalare un pezzo del suo Paese ai russi o regalare un po’ di affari a chi promette di aiutarlo? E a proposito di perdite, anche quelle che sta registrando l’Europa e in particolare l’Italia non sono di poco conto. Per mesi, la Ue ha minacciato di rinunciare al gas russo senza poi decidere nulla perché il distacco sarebbe costato troppo e avrebbe messo in ginocchio il sistema produttivo. Risultato, da giorni alla Germania e al nostro Paese è stato ridotto all’incirca della metà il flusso in arrivo, con il risultato che rischiamo di non riuscire a costituire le scorte per l’inverno e nella stagione più fredda, ma anche più produttiva, potrebbe mancarci l’energia necessaria a far funzionare le aziende e a riscaldare le case.

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