Renato Vallanzasca, l’ex moglie: “Se avesse detto la verità…”

Il boss della mafia milanese, Renato Vallanzasca, si trova nel carcere di Bollate. L’ex moglie, Antonella D’Agostino, rivela dei dettagli interessanti…

Vallanzasca
ANSA/STEFANO PORTA

Renato Vallanzasca è una delle figure più interessanti del mondo della malavita. Complessivamente, le sue condanne ammontano a quattro ergastoli e 295 anni di reclusione. Cifre sbalorditive, quelle del boss della banda della Comasina. La sua ex moglie, Antonella D’Agostino, ha rivelato in un’intervista per Libero alcuni dettagli estremamente interessanti legati al “bandito dagli occhi di ghiaccio”, partendo dalle sue umili origini fino al suo rapporto con le donne.

Il rapporto con la verità

Se Renato avesse sulla propria vita raccontato la verità, certamente sia i giudici che le persone comuni sarebbero state più indulgenti nei suoi confronti. Io non so perché si sia costruito una vita di menzogne, a partire dalla sua infanzia. Ma così è stato, purtroppo”. Questo l’incipit dell’intervista ad Antonella D’Agostino, che sottolinea il complicato rapporto di Vallanzasca con le verità, sin dalla tenera età.

L’infanzia

“Eravamo ragazzini di dieci e undici anni, vivevamo al Giambellino, periferia sud di Milano. Renato abitava in via Apuli con quella che chiamava “zia” ma che in realtà era la donna del suo papà. Renato ha avuto una vita davvero complicata, d’altronde al Giambellino c’era la crema della delinquenza, e sin da giovane sono iniziate le sue bugie. Queste le parole di Antonella D’Agostino in merito all’infanzia del boss. L’ex moglie di Vallanzasca aggiunge: Ricordo benissimo le domeniche in cui lui aspettava che la mamma, quella biologica, lo venisse a prendere. Renato la attendeva per ore dicendo a tutti “sta per arrivare mia mamma” ma, alla fine, non veniva mai. Ricordo la delusione nei suoi occhi e di come lui fingesse di mascherare tutto con il suo fare da guascone, quasi negando l’evidenza. Proprio da lì, quando era ragazzino, ha iniziato a far diventare la bugia uno stile di vita per costruirsi la personalità del capo, quando in realtà è ben altra cosa”.

La morte del fratellastro

Un episodio che ha segnato duramente la vita del boss è la morte del fratellastro Ennio, avvenuta quando Renato non aveva ancora 18 anni. “Dapprima, erano gli anni Sessanta, Renato trovò la moglie del fratellastro morta, uccisa e fatta a pezzi, nella cantina di casa. Poco tempo dopo anche il fratellastro venne trovato morto in un campo: e anche qui continue bugie, dicendo che si era suicidato, mentre la verità era un regolamento di conti perché faceva il “magnaccia”. Fu un colpo ferale per Renato: lui amava Ennio sopra ogni cosa, sono convinta che da quel dolore non si sia più ripreso”.

Il rapimento di Emanuela Trapani

Antonella D’Agostino parla anche del rapimento di Emanuela Trapani, avvenuto nel dicembre del 1976. In questo caso, l’ex moglie di Vallanzasca sottolinea i modi gentili del boss, confermati anche dalle testimonianze di Trapani. A quanto ha sempre raccontato la Trapani, ci fu un grande savoir faire di Renato e della banda. Sorseggiavano champagne, disse Emanuela, ed era libera di muoversi all’interno della casa…”. Stando a D’Agostino, ci potrebbe anche essere stata una liaison tra i due. Difficile resistere a Renato, ma non ho alcuna prova di questo. Se poi mi chiedi un’opinione, io ti rispondo di sì, secondo me ci fu una storia.

Vallanzasca
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L’incontro con Vallanzasca

Ma come si sono conosciuti Antonella D’Agostino e Renato Vallanzasca? “Dopo tanti anni di carcere si fece vivo anche in un periodo difficile della mia vita, quando ebbi una terribile disgrazia, e lui mi stette molto vicino”. Nel dettaglio, Antonella racconta quanto segue. “Io ero disperata e non trovavo alcun motivo per sopravvivere dopo questa tragedia, mi ero chiusa in me stessa. Lui mi spronava in tutti i modi, cercando di farmi capire che avevo un altro figlio a cui rendere conto. Pensa che per spronarmi arrivò a dirmi che dovevo uccidermi. Era un suo modo, magari deciso e forte, per mettermi di fronte alle mie responsabilità. Ebbe ragione lui e riuscii a superare tutto anche se, credimi, penso a questo dolore ogni giorno”.

Il matrimonio

I due sono convolati a nozze l’8 maggio del 2008, pur essendo amici d’infanzia. Dal primo maggio del 2005 sono riuscita a portarlo fuori dal carcere e fino al 2013 non ha commesso alcun reato. Il nostro matrimonio è stato molto bello e intenso, e il nostro rapporto, nato come amicizia, si è trasformato in amore per tornare adesso ad essere di grande e affettuosa amicizia”. Poi, al boss è stata revocata la semilibertà per un furto di biancheria intima, smentito da D’Agostino. Una storia senza senso. Renato non ha rubato le mutande, le ha messe nel sacchetto per distrazione. Ma ti pare che abbia potuto fare una cosa così stupida? E ti sembra normale che per una cosa del genere revochino ogni beneficio a un uomo che per quarant’anni si è comportato bene?”.

La separazione

Riguardo la fine del matrimonio, Antonella D’Agostino ha dichiarato quanto segue, in merito al motivo principale che ha causato la rottura: “Le donne, solo per le donne. Renato non se ne perdeva una e non sai quante facevano follie per passare del tempo sotto le lenzuola con lui. Ricordo quando una mise una tenda fuori dal centro sociale “Il Gabbiano” dove Renato prestava servizio. Lui uscì ed entrò nella tenda per farci l’amore e poi… poi questa busta con il timbro della Camera dei deputati, con un biglietto su cui un’onorevole negli anni 2000 gli scrisse: “Fuggiremo come i gitani nella notte…”. Alla domanda legata all’identità della suddetta onorevole, l’ex moglie di Vallanzasca risponde: “Non lo dirò mai: non sarei Antonella D’Agostino”.

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