Influenza aviaria, diffusione senza precedenti: dobbiamo preoccuparci?

Non solo Covid-19 o vaiolo delle scimmie: anche l’influenza aviaria preoccupa molto gli scienziati, per la sua diffusione molto estesa.

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EPA/DIEGO AZUBEL

Gli ultimi due anni e mezzo sono stati decisamente stravolti dalla pandemia di Covid-19 che ha investito l’umanità come un tornado. Non eravamo pronti, e si è visto: ogni nazione ha agito per fatti suoi, aggravando una situazione già estremamente complessa da gestire. Serviva un’azione unitaria, ma gli interessi dei singoli stati hanno reso impossibile una gestione comune della pandemia. Ora, anche il vaiolo delle scimmie sta iniziando a far preoccupare i cittadini europei: dal primo cluster di Maspalomas, ora siamo a oltre 550 casi. Ma non sembra finita: un altro virus, più silenzioso ma ugualmente minaccioso (se consideriamo le sue possibili mutazioni), si sta facendo rapidamente strada in tutto il mondo. Parliamo dell’influenza aviaria.

Il boom di casi

Un ceppo molto infettivo e letale del virus dell’influenza aviaria, il ceppo H5N1, si sta diffondendo a macchia d’olio in una vasta zona del pianeta. Europa, Asia, Nord America e Africa. Parliamo di decine di milioni di polli, quaglie e tacchini colpiti dal virus: cifre decisamente altissime, senza precedenti. I focolai, sempre più presenti, sono molto difficili da contenere, e rappresentano anche un pericolo significativo per l’uomo. Perché? Semplice: stando alle parole di Ian Barr, vicedirettore del centro influenzale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), “i virus dell’influenza aviaria cambiano lentamente nel tempo, ma la giusta mutazione potrebbe renderli più trasmissibili tra le persone e in altre specie. La preoccupazione maggiore legata alla diffusione dell’influenza aviaria è la seguente, sempre secondo Barr: “Le infezioni occasionali non sono un problema, la vera preoccupazione è che questi virus registrano un graduale guadagno di funzione.

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EPA/HOTLI SIMANJUNTAK

Dove è nato il virus?

Il ceppo H5N1 è nato in Asia tra le oche, nel 1996. La sua diffusione è stata rapida e trasversale, in quanto nei primi anni 2000 tale ceppo era già presente in Africa ed Europa. Il virus ha causato la morte di tantissimi uccelli selvatici, sia in Europa che in Asia. Il genetista Andy Ramey afferma che “da allora, il ceppo ha infettato ripetutamente uccelli selvatici in molte parti del mondo. La paura è che una mutazione del virus possa causare una nuova pandemia, simile a quella che l’umanità sta affrontando, da due anni e mezzo, con il Covid-19. Dobbiamo iniziare a preoccuparci?

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