Mafia, maxi sequestro da 2,5 milioni al boss Giovanni Comis

Comis, destinatario di più condanne anche irrevocabili per associazione mafiosa, è detenuto dallo scorso ottobre. Su di lui gravano i reati di concorso in trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio. Nel mirino una casa discografica intestata a un figlio e una palazzina con 12 unità immobiliari in fase di completamento, su cui sono stati posti i sigilli

2,5 milioni di euro. A questa cifra ammonta il valore dei beni che sono stati sequestrati, a Catania, a Giovanni Comis, ritenuto esponente di spicco del gruppo del rione Picanello della famiglia Santapaola-Ercolano di Cosa Nostra. Il provvedimento riguarda anche la casa discografica “Q Factor Records sas”, intestata a uno dei figli del boss, tra le altre cose utilizzata da cantanti neomelodici. Nel mirino anche una palazzina con 12 unità immobiliari in fase di completamento, ubicata in una zona centrale del capoluogo etneo.

 

Comis, ritenuto esponente di spicco del gruppo del rione Picanello della famiglia Santapaola-Ercolano di Cosa Nostra, è stato quindi raggiunto dal provvedimento emesso dal Tribunale su richiesta della Dda. Comis ha già ricevuto nel tempo diverse condanne comminategli, ribadite dalla Procura. Alcune di queste irrevocabili. La prima risale al 1991, per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nel 2017 , nell’ambito dell’inchiesta “Orfeo”, Comis era stato condannato.

Poi, dopo essere tornato per alcuni mesi in libertà, è stato nuovamente arrestato lo scorso 15 ottobre nell’ambito dell’operazione “Picaneddu” del nucleo investigativo dei carabinieri di Catania. Su di lui gravano i reati di concorso in trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio. Infatti, in qualità di vertice del gruppo mafioso avrebbe utilizzato il denaro provento delle attività del sodalizio mafioso per l’acquisto e la ristrutturazione del citato cespite.

Come informa l’Ansa, gli accertamenti patrimoniali svolti dai carabinieri avrebbero fatto emergere come, almeno dal 2008, Comis e il suo nucleo familiare abbiano tratto mezzi di sostentamento da redditi di provenienza illecita.

 

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