Spencer: la recensione del biopic sulla principessa Diana

Presentato alla 78esima edizione del festival di Venezia, Spencer di Pablo Larraín si prepara all’uscita in Italia, programmata per il 24 Marzo 2022.

Il regista cileno, dopo Neruda (2016) e Jackie (2016), mette in piedi un altro biopic, questa volta incentrato sulla controversa figura di Diana Spencer. Nel tentativo di regalarci un’affascinante affresco di Lady D, Larraín decide di consumare la vicenda nei giorni di Natale del 1991, durante i quali la famiglia reale si trova riunita nella sontuosa tenuta del Norfolk. Kristen Stewart è nei panni di una Diana già profondamente logorata dall’opprimente schematismo della famiglia reale, per il quale ha sviluppato un furioso livore.

Le immagini parlano più dei personaggi

Kristen Stewart in scena con uno dei fantastici outfit di Lady D

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Il risultato finale convince e il merito è da annoverare, quasi unicamente, alla sbalorditiva rappresentazione profilmica dell’angosciante sistema Windsor: una fantastica Kristen Stewart, la raffinata regia, le musiche e la fotografia, operano contemporaneamente, riuscendo a restituire una disturbante sensazione di soffocamento. Il valore del lavoro svolto da Larraín e colleghi, sta principalmente nell’esser riusciti a confezionare un efficace dramma psicologico, in cui coesistono i codici del cinema horror e un’estetica fiabesca. La costruzione, per mezzo della regia, di un asfissiante labirinto, farebbe pensare ad un problematico matrimonio con la delicata fotografia, che, al contrario, è il fondamentale ingrediente di un metaforico contrasto tra le idilliache apparenze della vita a corte e la sua inquietante sostanza. La messa in scena opera in un sostanziale isolamento emotivo e fisico della Stewart: per gran parte della pellicola la regina e i numerosi componenti della famiglia, vengono rappresentati come spettri silenziosi, i cui sguardi incombono nervosamente sulle timide ribellioni di Lady D. Larraín sceglie di mostrarci esclusivamente il punto di vista della principessa, esaltando l’aspetto più intimo della pellicola, ma compromettendone inevitabilmente il valore storico. Al netto di alcune sequenze al limite del grottesco nella sezione finale, Spencer tiene brillantemente fede alla dichiarazione che anticipa la visione del film – “Una favola che parla di una tragedia vera” – grazie al talento della sua protagonista e alla sofisticata amalgama di forma e contenuto.

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