Saman, lo zio nega tutte le accuse: “Sono stato incastrato”

Il principale imputato per l’omicidio della giovane nega tutte le accuse davanti al Gip e parla dei suoi famigliari 

Due ore di mezzo di interrogatorio davanti al Gip, nel quale ha negato qualsiasi tipo di coinvolgimento. Restano ancora tanti dubbi sulla sorte di Saman Abbas, la ragazza scomparsa dal 30 aprile da Novellara dopo essersi ribellata a un matrimonio combinato. Lo zio ha negato ogni coinvolgimento con la scomparsa della nipote. Nell’interrogatorio davanti al Gip Luca Ramponi,  Danish Hansnain, pachistano 34enne, avrebbe sostenuto di essere stato “incastrato”. Carabinieri e Procura di Reggio Emilia lo accusano di essere invece l’autore materiale e l’organizzatore dell’omicidio della ragazza.

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Lo zio di Samana, accusato dell’omicidio della giovane nipote – Ansa Foto –

Una vicenda oscura, in cui si legano tante storie su cui la procura sta cercando da mesi di fare luce. L’avvocato Lalla Gherpelli, che difende l’uomo ha ribadito con forza l’estraneità del suo assistito: “Si dichiara all’oscuro di cosa possa essere accaduto a Saman. Proprio in considerazione degli ottimi e affettuosi rapporti che aveva con la nipote ha ritenuto plausibile che si fosse allontanata volontariamente”. Hansnain è accusato di essere l’esecutore materiale e l’organizzatore dell’omicidio della 18enne che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata punita dai familiari perché si era prima ribellata a un matrimonio combinato, quando ancora era minorenne e poi, una volta tornata a casa dopo un periodo in una struttura protetta, voleva prendere i suoi documenti e andarsene, per vivere la propria vita. Insieme allo zio sono indagati due cugini della ragazza, Ikram Ijaz, arrestato anche lui all’estero e portato in Italia, Nomanhulaq Nomanhulaq, tuttora latitante, e i due genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, anch’essi ricercati, in Pakistan.

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Lo zio di Saman, “ventila la possibilità” che il fratello minorenne  abbia fatto le dichiarazioni a suo carico “spaventato e condizionato dal padre Shabbar, anche in considerazione di un potenziale vantaggio di natura economica che deriverebbe dalla sua condanna. In Pakistan, infatti, i due fratelli sono comproprietari di un terreno e qualora lui fosse condannato spetterebbe di diritto a Shabbar”.

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