Dal Senato della Repubblica è arrivato il via libera definitivo alla Riforma della giustizia. Ecco cosa comporta e cosa potrebbe accadere ai rapporti con la politica.
È pronto ad un confronto con l’Associazione nazionale magistrati il Ministro della Giustizia Carlo Nordio. O, almeno, così ha affermato poco dopo che il Parlamento ha dato il via libera definitiva alla Riforma costituzionale della giustizia.
Tecnicamente si tratta di norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare. L’obiettivo è separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti attraverso la modifica del Titolo IV della Costituzione. La Riforma ha ottenuto ieri il quarto e ultimo via libera parlamentare dal Senato con 112 voti a favore, 59 contrari e 9 astenuti.
“È una riforma – ha sottolineato Nordio – che ci allinea a tutte le democrazie occidentali e liberali, dove la funzione del pubblico ministero, cioè del pubblico accusatore, è separata da quella del giudice”. Dalla prima alla quarta lettura il Parlamento non ha apportato nessuna modifica rispetto al testo presentato in origine dal governo, che reca le firme della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del Ministro Nordio.
Il provvedimento prevede due distinti organi di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura giudicante (i giudici) e il Consiglio superiore della magistratura requirente (i pubblici ministeri). La presidenza di entrambi gli organi sarà attribuita al presidente della Repubblica. Saranno membri di diritto dei del Consiglio giudicante e del Consiglio requirente, rispettivamente, il primo presidente della Corte di Cassazione e il procuratore generale della Cassazione.
Gli altri componenti di ciascuno dei Consigli superiori saranno estratti a sorte. Per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra magistrati giudicanti e requirenti. Si prevede, inoltre, che i vicepresidenti di ciascuno degli organi siano eletti fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.
Altra novità sarà l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare che sarà composta da quindici giudici. Tre nominati dal presidente della Repubblica; tre estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune; sei estratti a sorte tra i magistrati giudicanti e tre estratti a sorte tra i requirenti entrambi in possesso di specifici requisiti. Saranno insomma profondamente ridisegnati gli equilibri interni della magistratura, qualora la Riforma venisse anche confermata da un probabile referendum.
Una delle questioni centrali sarà: chi controllerà chi? Il “vecchio” Consiglio superiore della magistratura aveva una visione univoca dettata anche dall’articolo 104 della Costituzione. Altro nodo importante quello del sorteggio per l’Alta corte disciplinare. Lo scopo è garantire indipendenza massima dal potere politico e dalle varie correnti interne. Alcuni costituzionalisti, però, hanno già avvertito che il meccanismo potrebbe celare un controllo sottile. Ciò in quanto i criteri di eleggibilità e di nomina sono stati spostati a monte partendo dalla base.
La necessità di ristabilire la fiducia dei cittadini nell’imparzialità della magistratura sarà quindi colmata dalla separazione delle carriere. Basterà tutto ciò a modernizzare il sistema giustizia o se ne altererà la struttura portante esponendo il tutto ad influenze esterne?