Nelle scorse ore la Corte dei Conti ha bocciato la delibera Cipess riguardante la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Ecco cosa potrebbe accadere a questo punto.
Ponte sì, Ponte no. All’indomani della bocciatura della Corte dei Conte dell’infrastruttura sullo Stretto di Messina, c’è chi gioisce, chi si scaglia contro i giudici, chi attende le motivazioni e chi difende il progetto, con il fine ultimo di andare comunque avanti.
“La Corte dei Conti è lì per verificare che il denaro pubblico venga speso in modo corretto. Il dato scientifico, l’esperienza e la logica delle norme ambientali vanno rispettati. Se la Valutazione d’impatto ambientale non è fatta bene è chiaro che non può essere ritenuta valida. Il fatto che si sia comunque passati alla terza fase del procedimento, cioè quella dei ‘motivi imperativi di interesse pubblico’, per noi è molto grave”.
Sul caso abbiamo raccolto il parere, in esclusiva per Notizie.com, di Alessandro Giannì, responsabile scientifico di Greenpeace Italia. Proprio Greenpeace, insieme ad altre associazioni ambientaliste, nel settembre scorso avevano depositato presso la Corte dei Conti una memoria incentrata sulla delibera Cipess. La stessa alla quale la Corte non ha concesso il visto di legittimità e la registrazione.
“Continueremo a dare il nostro contributo – ci ha spiegato Giannì – basandoci sui dati reali, sulle evidenze scientifiche e su studi approfonditi, evitando approcci ideologici che vogliono semplicemente ‘fare il ponte a ogni costo’, senza alternative”.
A bocciare il Ponte è stato un organo contabile, e non una struttura dedicata al monitoraggio dell’ambiente. “Ma sul piano ambientale, – ha detto il responsabile Greenpeace – la Valutazione d’impatto è stata negativa. Nel momento in cui il governo ha deciso di procedere invocando le ‘esigenze imperative di interesse pubblico’, la questione si è spostata a livello europeo”.
È necessario fare un passo indietro. All’inizio di agosto era arrivato, attraverso una delibera, il via libera da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipess), a cui il governo di Giorgia Meloni si era rivolto in quanto il Ponte sullo Stretto è un’opera considerata strategica di rilievo nazionale. Per capire il perché la Corte dei Conti ha bocciato la delibera bisognerà attendere 30 giorni, ovvero il termine entro il quale saranno depositate le motivazioni.
Tra i diversi punti sotto la lente dei magistrati le coperture economiche del progetto da oltre 13 miliardi di euro, l’affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali, antisismiche e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale.
Nel frattempo le associazioni ambientaliste hanno presentato alla Commissione europea una documentazione dettagliata “per evidenziare – ha continuato Alessandro Giannì – la mancanza di motivazioni sufficienti per ricorrere a questa procedura. In Europa abbiamo anche segnalato varie contraddizioni, alcune davvero evidenti, come l’idea che il Ponte servirebbe a esigenze militari, affermazione subito smentita anche dalla Nato. È chiaro quindi che ci sono molte argomentazioni infondate, giustificate solo da una spinta ideologica a voler realizzare il ponte a ogni costo”.
In un primo momento l’esecutivo e l’intera maggioranza si sono scagliati contro i giudici contabili. La decisione di bocciare il Ponte è stata vista come un’ingerenza. Oggi, però, i toni si sono raffreddati. Tecnicamente, anche con il parere negativo della Corte dei Conti il governo può comunque decidere di andare avanti con il progetto.
Nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, secondo la legge, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte dei Conti, può chiedere un’apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso.
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“Qualora il governo decidesse comunque di procedere – ha sottolineato l’esponente di Greenpeace – il pericolo è che, con questo approccio ‘a blocchi’, si arrivi a un punto in cui il progetto verrà comunque fermato. Potrebbe accadere, ad esempio, perché la Commissione europea contesta l’appalto (che ha già subito un incremento di costo tale da richiedere un nuovo bando). Oppure perché la procedura Via e le relative autorizzazioni non vengono considerate corrette, bloccando così tutto.
Potrebbe anche succedere che, iniziando i lavori, ci si accorga che il progetto esecutivo non è realizzabile, con conseguente spreco di denaro pubblico. E qui la Corte dei Conti avrebbe piena competenza per intervenire. Molto dipenderà dal tipo di risposte che l’esecutivo saprà fornire. Poiché molte delle obiezioni sollevate dalla Corte potrebbero essere le stesse che avevamo già mosso noi, e a cui non abbiamo mai ricevuto risposte convincenti. Sarà interessante capire se riusciranno a convincere almeno la Corte dei Conti“.