È pronto per essere varato un nuovo regolamento che decreterebbe lo stop delle importazioni di gas proveniente dalla Russia. L’analisi dell’esperto di cosa sta accadendo.
L’Europa dice addio al gas russo. Il Consiglio Ue nelle scorse ore ha dato avvio al varo di un regolamento che introdurrà un divieto giuridicamente vincolante e graduale sulle importazioni di gas naturale dalla Russia, sia tramite gasdotto che in forma liquefatta (Gnl). La strategia, nell’ambito del Piano RepowerEu, ha l’obiettivo di porre fine alla dipendenza energetica da Mosca. Le forniture sarebbero state strumentalizzate da Mosca con forti scossoni sul mercato europeo. Ma è proprio così?
“La politica dice una cosa, il mercato ne fa un’altra. Il divieto scatterà nel 2026, ma fino ad allora, nonostante i protocolli messi in atto contro la Russia frutto di un’altissima morale filo-Nato, l’Europa ha continuato ad approvvigionarsi attraverso i propri Stati membri di gas russo, sia in forma liquefatta (via nave), sia tramite gasdotti. È lapalissiano dire che gli stessi metodi di importazione indiretta proseguiranno, in barba a ogni manifesto politico”. Così, in esclusiva per Notizie.com, Marco Lupo, amministratore e direttore commerciale di Utilities dimension, delegato Assium Emilia Romagna ed esperto nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale.
Il testo concordato dai Ministri dell’Energia dell’Unione conferma che le importazioni saranno vietate a partire dal 1 gennaio 2026, pur prevedendo un periodo di transizione per i contratti già in essere. Nello specifico, i contratti a breve scadenza conclusi prima del 17 giugno 2025 potranno proseguire fino al 17 giugno 2026, mentre quelli a lungo termine arriveranno scadenza ultima il 1 gennaio 2028, dati in cui il bando diventerà totale e senza eccezioni.
“L’Italia non lo acquista più direttamente – ci ha spiegato l’esperto – per non irritare Washington e Bruxelles, ma lo riacquista tramite trader svizzeri, turchi o serbi, con un rincaro medio del 30-40%. Quando entra nel sistema europeo, questo gas viene registrato come gas neutro estero. In pratica, stiamo pagando il doppio solo per poter dire che non è russo. Intanto, in un doppio standard alimentato dalle diverse dinamiche sociopolitiche che attraversano l’Unione, l’Ungheria di Viktor Orbán continua a rifornirsi via pipeline, alla luce del sole, direttamente da Gazprom, come prima del conflitto in Ucraina.
Tutti lo sanno, ma nessuno può dirlo: ammetterlo significherebbe riconoscere che l’intero sistema delle sanzioni energetiche è stato costruito più per ragioni simboliche e per sostenere le strategie del potentato occidentale, che non per una reale moralità ‘pro-Ucraina’. Un impianto politico che appare, oggi più che mai, in perfetta antitesi con una pianificazione energetica strategica e volta alla competitività europea”.
Per garantire che il divieto sia efficace e non venga aggirato, il Consiglio ha introdotto un regime di autorizzazione preventiva. Le aziende dovranno presentare la documentazione necessaria almeno un mese prima dell’ingresso nel territorio Ue. Per il gas di provenienza non russa, invece, le procedure sono state snellite: sarà sufficiente fornire una prova di origine almeno cinque giorni prima. Regole ferree anche per i carichi di Gnl misti: la documentazione dovrà specificare le quote esatte.
Su questo punto, sono salite alla ribalta delle cronache le cosiddette navi fantasma. Ci sono triangolazioni attraverso porti di Paesi terzi che indicano una strategia di elusione sistematica, con scarsa trasparenza sui reali Paesi di origine. Possiamo parlare di un vero mercato energetico parallelo, tollerato dalle istituzioni?
“Sì ne possiamo parlare in questi termini. Diverse inchieste giornalistiche lo hanno portato in evidenza. – ha continuato Marco Lupo – Esiste un vero e proprio mercato parallelo. Anche se nessuno lo ammette apertamente. Le triangolazioni e il fenomeno delle Dark fleet o flotta ombra (petroliere o metaniere che disattivano i transponder Ais) servono a far sembrare neutro un gas che, in realtà, proviene ancora da aree russe o filorusse. Si tratta di una pratica formalmente illegale, vietata dal diritto marittimo internazionale, ma di questi tempi, lo abbiamo sentito, conta fino a un certo punto.
Dobbiamo pensare a più di mille navi coinvolte in questa pratica, un numero che lascia intendere l’implicazione di un sistema più che organizzato. Io la definirei una realpolitik energetica tollerata da tutti: consente di mantenere la narrativa politica dell’indipendenza da Mosca, senza rinunciare ai volumi necessari. Per quanto riguarda il business è tutto degli gli intermediari e dei trader che cambiano bandiera alle forniture. A rimetterci, come sempre, sono i Paesi importatori e i cittadini europei, che pagano il prezzo della moralità geopolitica in bolletta”.
L’accordo introduce inoltre meccanismi di monitoraggio e notifiche aggiuntive per un problema specifico: impedisce che il gas russo possa entrare nell’Ue mascherato da semplici operazioni di transito, ovvero attraversando il territorio comunitario per essere destinato a un altro Paese senza entrare formalmente nel mercato unico.
“Io penso che l’Europa abbia voluto ostentare una fermezza che in realtà non possiede. Perché in fondo non serve. – ha concluso Lupo – La realtà è che nessun Paese rinuncerà alla propria sicurezza energetica per principio. Lo stesso Putin lo ha detto di recente in modo provocatorio, ma realistico: ‘Nessun gas è più sicuro per l’Europa di quello russo’. E, piaccia o no, i fatti lo confermano.
Vorrei ricordare che la Russia è seconda al mondo per giacimenti, detenendo il 20% del gas globale. Il gas continua ad arrivare, semplicemente cambia rotta, nome e metodo di transito. Alla fine, la politica può riscrivere le regole, ma non può cambiare i bisogni dell’uomo. L’energia resta una questione di sopravvivenza, non di ideologia, e a ben vedere quei bisogni restano una questione ancora marginale per i vertici”.