“Ritengo che sia sempre e solo un fattore culturale. Nell’uomo c’è la negazione del rifiuto: non sono abituati ad accettare un ‘no’ o a interpretare correttamente le parole di una donna. Quando una donna dice ‘basta’, significa basta”.
A parlare, in esclusiva per Notizie.com, l’avvocata Ilaria Pempinella, presidente del comitato scientifico di Aicis, l’Associazione italiana criminologi per l’investigazione e la sicurezza. La tragedia che sta scuotendo l’Italia intera è quello di Pamela Genini di 29 anni, uccisa brutalmente nel proprio appartamento da Gianluca Soncin di 52 anni, che poche ore prima aveva lasciato definitivamente “bloccandolo” anche su qualsiasi piattaforma social e di messaggistica.
Soncin è in stato di fermo in quanto accusato di omicidio con le aggravanti della premeditazione e dello stalking. L’uomo ha fatto irruzione in casa della ragazza, in via Iglesias a Milano, dopo essersi procurato una copia delle chiavi, brandendo un coltello mentre. Pamela aveva fatto in tempo a mandare l’ultimo sms all’ex fidanzato: “Ho paura, chiama la polizia”. Gli agenti sono arrivati, hanno citofonato e lei per non insospettire l’uomo ha risposto “È Glovo?”. Poi la serie di fendenti, una violenza rapida ed efferata che non ha dato tempo agli agenti di salvare la donna in passato minacciata e picchiata dall’assassino.
“Forse le famiglie non abituano ai ‘no’, forse perché non si è abituati al fallimento, e la fine di una relazione è un fallimento, non si è capaci di elaborarlo e andare oltre. – ha continuato la criminologa – Culturalmente non si accetta la fine di una storia, e da lì nascono dei meccanismi mentali, dei cortocircuiti che non si riescono più a gestire”.
Soncin ha ucciso Pamela con 24 coltellate, poi ha rivolto l’arma verso sé stesso ferendosi. Ricoverato all’ospedale Niguarda, è stato già dimesso nella giornata di ieri e si trova ora nel carcere di San Vittore. Questa mattina è prevista l’udienza di convalida, ma non è chiaro se intenda rispondere o meno alle domande del magistrato. Ieri ha fatto scena muta. Nel provvedimento di fermo la Procura di Milano ha parlato di “un quadro agghiacciante”.
“La pena in questi casi deve essere certa. – ha dichiarato Pempinella – Bisognerebbe rivolgere un appello alla magistratura e ai giudici affinché applichino il massimo della pena. Anche questo potrebbe forse fungere da deterrente. Ma, secondo me, resta soprattutto un problema culturale”.
La relazione tra i due è durata poco più di un anno. Lei, modella e imprenditrice spesso in giro per il mondo. Nativa della Bergamasca, aveva tanti amici e tanti sogni. Lui, originario di Biella ma residente a Cervia, è sin da subito schivo e violento. Con l’unico obiettivo di far cambiare vita a Pamela e allontanarla dalle sue amicizie, era possessivo e asfissiante. Aveva paura Pamela, che dopo un breve periodo di convivenza a Cervia, dove Soncin era stato sposato ed aveva avuto un figlio, era tornata a vivere a Milano.
L’ex fidanzato della 29enne, con cui la ragazza era rimasta in buoni rapporti, ha raccontato ad inquirenti ed investigatori dei timori della giovane. “Se lo lascio mi ammazza”, diceva. Era arrivato a minacciarla con una pistola puntata al ventre, a minacciarla di fare del male alla sua famiglia e al suo cane, a metterle le mani al collo. Lei non postava più sui social per non essere rintracciata, cambiava spesso strada per tornare a casa.