L’accordo annunciato per il cessate il fuoco a Gaza ha provocato reazioni in ogni parte del mondo. Gioisce Donald Trump, ma le incognite sono ancora molte. L’analisi dell’esperto.
“Sarà un giorno di gioia” quello della liberazione degli ostaggi israeliani. “Gaza sarà un territorio di pace, prosperità e ricchezza. Ci prenderemo cura di questo paese, si rimetterà in piedi”.
Ne è sicuro il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo che nelle scorse ore ha annunciato il via libera all’accordo tra Israele ed il gruppo palestinese di Hamas per il cessate il fuoco nella Striscia. La bozza di accordo ratificata dalle parti era stata proposta proprio da Trump, e includeva venti punti. Il documento, a quanto si apprende sarebbe stato spacchettato e si sta parlando in queste ore di una prima fase.
“C’è un aspetto poco evidenziato. – ha sottolineato, in esclusiva per Notizie.com, Claudio Bertolotti, ricercatore di Start Insight – Fino ad oggi tutti gli accordi siglati sono poi stati disattesi da Hamas, cosa che ha portato Israele a riattivare il proprio sforzo militare. Detto questo, cauto ottimismo, indubbiamente. Hamas da un lato ha ottenuto per un periodo definito, almeno fino alla seconda fase, e dovrà dimostrare le proprie volontà liberando gli ostaggi in vita. E, per quanto possibile, restituendo anche i corpi di quelli che non lo sono più.
Dall’altro lato, il nodo consiste nella capacità e volontà di Hamas, e su questo ho grandissimi dubbi, di fare un passo indietro politicamente e accettare un processo di disarmo. Questo significherebbe ammettere una sconfitta che oggi, con la tregua, non viene ammessa. Entrambe le parti, infatti, possono dichiarare una propria vittoria pur dovendo accettare anche alcune sostanziali sconfitte”.
L’accordo è stato siglato dopo la mediazione di diversi Paesi, tra cui Qatar, Egitto, Turchia. Ankara potrebbe partecipare anche alla task force che supervisionerà l’attuazione del cessate il fuoco. Il presidente egiziano ha affermato che il piano “apre le porte della speranza”. L’Arabia Saudita ha accolto con favore il cessate il fuoco. I negoziati si sono svolti proprio in Egitto. Trump potrebbe recarsi qui nelle prossime ore prima di partire alla volta di Tel Aviv per accogliere gli ostaggi.
“Il Qatar, che è sempre stato un attore molto forte e determinante, non ne esce rafforzato per due motivi. – ci ha spiegato l’esperto – Primo: ha dovuto fare pressione su Hamas, minacciando di tagliare fondi e sostegno. Cosa che invece aveva sempre garantito nel corso dei decenni, e questo su pressione statunitense. Secondo: ha dovuto subire un attacco da parte di Israele a causa dell’ospitalità concessa ai vertici politici di Hamas. Da un punto di vista reputazionale, non è positivo. Il Qatar ha cercato di trovare una soluzione il meno dolorosa possibile. Ma lo ha fatto su pressione degli Stati Uniti.
Chi ne esce fortemente rafforzata è invece la Turchia. Non solo ha sempre giocato un ruolo molto ambiguo nei confronti di Hamas, ma ha anche un ruolo molto chiaro nelle relazioni internazionali nel sostegno alla Fratellanza Musulmana, in cui Hamas si riconosce e di cui fa parte”.
Sconfitto è anche il cosiddetto Asse della resistenza? “La Siria – ha commentato Bertolotti – è sconfitta nei termini di una strategia iraniana regionale di cui era l’asse portante. Quella strategia è stata ridimensionata da Israele grazie alle azioni militari contro i singoli proxy dell’Iran: la Siria, Hezbollah, gli Houthi e anche Hamas”.
I leader europei hanno elogiato gli ultimi sviluppi. Tramite il presidente francese Emmanuel Macron hanno annunciato l’avvio di operazioni complementari all’accordo targato Stati Uniti. Se non sul campo diplomatico, l’Europa e l’Italia sono comunque stati protagonisti con i loro cittadini di manifestazioni a sostegno della popolazione di Gaza assediata da due anni da Israele. Proprio dal nostro Paese sono partite diverse imbarcazioni della Global sumud fotilla, la missione umanitaria che ha cercato di aprire un corridoio umanitario sfidando il blocco navale di Israele. Tutto ciò ha inciso nel processo di pace?
“Meno di zero. – ha dichiarato il ricercatore – Hanno infiammato l’opinione pubblica occidentale, soprattutto europea e ancora di più italiana, ma non hanno avuto peso specifico né capacità di spostare di una virgola un processo negoziale che va avanti da mesi. Il negoziato è legato a questioni di politica interna statunitense, portato avanti dall’amministrazione Trump e fortemente voluto anche con modalità non ortodosse tramite pressioni sul Qatar.
Gli Stati Uniti erano l’unico attore che poteva farlo. Quindi, se c’è un merito in tutto questo, va riconosciuto a due attori. Gli Stati Uniti, che da un lato hanno spinto sul piano negoziale,
e la costante pressione militare israeliana, resa possibile proprio dal sostegno statunitense (prima con Joe Biden e ancora di più con Trump). Ogni accordo negoziale siglato tra Hamas e Israele è stato conseguenza della pressione militare israeliana. Ha posto Hamas di fronte a grandi difficoltà logistiche, militari e di comando e controllo. Hamas non ha avuto altra scelta che siglare accordi temporanei, in attesa di sviluppi futuri più favorevoli”.
Le famiglie degli ostaggi, in strada a Tel Aviv, hanno cantato: “Premio Nobel a Trump”. È un’ipotesi fattibile? “Trump è antipatico a molti, soprattutto a chi controlla i media tradizionali. – ha concluso Claudio Bertolotti – Barack Obama ha ricevuto un Nobel per la Pace sulla fiducia e nei fatti ha intensificato l’impegno militare in Afghanistan, una guerra durata altri dieci anni dopo la consegna del premio. Quindi, tutto sommato, un Nobel per la Pace a Trump non sarebbe più inaccettabile di quello ad altri. Quindi perché no?”.