Il cibo che compriamo tutti i giorni al supermercato non costa realmente quello che si legge sull’etichetta. I prezzi nascosti degli alimenti.
Ci troviamo di fronte a un argomento molto delicato a cui la gente non fa caso, ma che di fatto va a influire direttamente sulle tasche degli italiani.
L’indice di Impatto Socio-ambientale delle Filiere Agroalimentari (Isfa) è stato sviluppato dal Centro studi Up2You direttamente su commissione di Gruppo Food. Questo è stato mostrato durante la Food Social Impact 2025 che di fatto è il primo indicatore in grado di monetizzare sistematicamente i costi nascosti della filiera alimentare.
In questo senso ci si muove attorno a tre pilastri in questo senso e cioè ambiente, nutrizione e persone. Per fare un esempio un chilo di yogurt può costare 4 euro da etichetta, ma ne pesa 6.61 e cioè il 65% in più, differenza che non va a pagare il consumatore direttamente alla cassa, ma la collettività tutta. Come vi chiederete, attraverso spese sanitarie, degrado del suolo e perdita della biodiversità.
Si tratta di dati che non hanno impatti immediati, ma che vanno a pesare sulla società e non sono di certo facili da gestire. Andiamo ad approfondire il discorso anche con le parole degli esperti.
“Ogni alimento ha un prezzo reale che è più alto di quello che viene pagato alla cassa. La differenza la paghiamo come collettività e in parte la pagheranno le generazioni future. Rendere visibili questi costi significa fornire al settore agroalimentare gli strumenti per trasformare un problema in opportunità”, così specifica Alessandro Broglia Chief Sustainability Officer di Up2You.
Tutto questo discorso apre un ragionamento decisamente più ampio su quello che vuol dire rispettare l’ambiente e affrontare un percorso produttivo maggiormente sostenibile. Per abbattere questi costi sarà fondamentale fare una rivoluzione che di certo non può avvenire in tempi brevissimi.
Lo studio però ha messo luce su un aspetto che merita una riflessione e anche rumore perché diventa fondamentale da affrontare con le giuste contromosse. Ovviamente esistono differenze tra filiere lunghe e dispendiose e altre corte e decisamente più complesse da approfondire e cambiare.
Da questo studio nessuno è esente dai latticini alla carne fino alla verdura e anche beni primari come il pane. Un ragionamento che fa riflettere su qualcosa che non conosciamo e che alle volte vengono viste con superficialità senza rendersi conto di quelle che saranno le ripercussioni future soprattutto sui nostri figli.