Caldo estremo e lavoro, il protocollo del Ministero del Lavoro e le ordinanze comunali anti-rumore. La denuncia della Cgil Emilia Romagna: “Anticipare l’apertura dei cantieri, i cittadini capiranno”.
Ordinanze antirumore e scadenze del Pnrr sono due degli elementi al centro della discussione per i sindacati dell’Emilia Romagna e non solo, mentre a Roma è in corso un tavolo al Ministero del Lavoro per definire con le parti sociali il protocollo anti-caldo.
“Interrompere i lavori del Pnrr implica rallentare le consegne. Il governo dovrebbe fare una discussione con l’Europa, perché il cambiamento climatico riguarda tutti. Rivedere quindi, i termini di scadenza laddove i cantieri vengono chiusi a causa del caldo”. A parlare con Notizie.com è Giuseppe Ledda, segretario generale Fillea Cgil Emilia Romagna.
E di pochi giorni fa, precisamente il 30 giugno, la morte di Ait el Hajjam Brahim, imprenditore edile di 47 anni, deceduto dopo aver accusato un malore proprio sotto al sole in un cantiere a San Lazzaro di Savena, nel Bolognese.
“Siamo in assenza di una politica strutturale da parte del governo”, commenta Ledda ai nostri microfoni. E in più, il tema della rimodulazione degli orari di lavoro “si scontra molto con la realtà”, aggiunge, riferendosi alla sua regione. “Per quanto riguarda l’Emilia Romagna c’è il tema delle ordinanze antirumore dei sindaci, vigenti in quasi tutti i comuni, che prevedono l’inizio dei lavori nei cantieri alle 8 di mattina per non disturbare i cittadini. Noi chiediamo ai primi cittadini di rivedere queste ordinanze affinché si possa arrivare ai cantieri alle 6. Serve uno sforzo collettivo per salvare qualche vita in più, sono sicuro che i cittadini emiliani e romagnoli capiranno”.
Gli eventi di questi giorni portano alla luce una vera e propria emergenza. Secondo il bollettino del Ministero della Salute aggiornato al 2 luglio, è allerta massima per le ondate di calore in ben 18 città: Roma, Milano, Torino, Bologna, Palermo, Firenze, Genova, Perugia, Frosinone, Ancona, Rieti, Latina, Bolzano, Brescia, Campobasso, Trieste, Viterbo e Verona.
L’allerta è prevista anche per il 3 luglio, mentre il Ministero del Lavoro cerca una soluzione a Roma con sindacati e imprese, con l’obiettivo di finalizzare un piano condiviso e realmente operativo. “La trattativa è ovviamente a livello nazionale, aspettiamo di essere aggiornati dalla Cgil nazionale”, dichiara ancora Ledda a Notizie.com.
Ma “il tema vero è che oggi è 2 luglio e ancora una volta ci ritroviamo a dover gestire una situazione di emergenza con le ordinanze regionali. Ancora una volta quindi, il problema viene lasciato alla sensibilità dei presidenti di Regione“.
Alcune amministrazioni regionali hanno infatti predisposto il divieto di lavorare all’aperto dalle 12.30 alle 16 nelle ore calde, in aree edili e cave, quando verrà segnalato un rischio alto per il caldo. Stiamo parlando di Lombardia, Abruzzo, Veneto, Emilia Romagna e Basilicata. “Non si capisce per quale motivo in una regione ci debba essere lo stop e in quella confinante invece no. Alcuni lavoratori possono morire sul lavoro ed altri no?”, commenta ancora Ledda.
Ed è dall’Emilia Romagna che arrivano altre proposte per il protocollo estivo contro il caldo nel periodo estivo. Oltre ad anticipare dalle 8 alle 6 l’inizio della giornata lavorativa, “anche prevedere pause nei cantieri in maniera continuata, un quarto d’ora all’ora. Poi, installare zone di refrigerazione dove gli operai possano riposarsi e zone d’ombra affinché possano ripararsi”.
Insomma: riforme strutturali da fare adesso, senza più rimandare. “Il vero punto di vista – continua Ledda – è che in questo Paese è sempre mancata una legislazione chiara in materia. Ci vengono date direttive e c’è la cassa d’integrazione dell’Inps che scatta quando si superato i 35 gradi percepiti. Ma questo non comporta l’obbligo per le aziende, perché non ha carattere legislativo. Servono leggi certe per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori quando si verificano determinate condizioni climatiche”.