A quasi cinque anni dall’inizio dell’emergenza, aleggia ancora il mistero sulle origini del Sars-Cov-2, il virus responsabile della pandemia da Covid-19.
Tutte le ipotesi restano ancora sul tavolo, comprese quelle relative allo spillover zoonotico e alla fuga del virus dai laboratori. A confermarlo è stato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale alla sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Il capo dell’Oms ha commentato così il nuovo rapporto consegnatogli dal Sago, il gruppo di 27 esperti indipendenti, internazionali e multidisciplinari che sta indagando sulle origini dell’agente patogeno. Il tutto mentre nel mondo continuano a spopolare nuove varianti. Le ultime, denominate Nimbus e Stratus, stanno crescendo rapidamente a livello globale. Stratus, in particolare, potrebbe essere maggiormente in grado di eludere il sistema immunitario.
“Continuiamo a fare appello alla Cina – ha detto Ghebreyesus – e a qualsiasi altro Paese in possesso di informazioni sulle origini del Covid-19 affinché le condividano apertamente, nell’interesse di proteggere il mondo da future pandemie. Non è solo un’impresa scientifica, ma un imperativo morale ed etico”. Nel suo ultimo dossier il Sago ha preso in esame le prove disponibili per le principali ipotesi sulle origini del Covid-19.
L’Oms, che ha dichiarato ufficialmente lo stato di pandemia l’11 marzo 2020, ha chiesto alla Cina di condividere centinaia di sequenze genetiche di individui affetti da Covid-19 all’inizio della pandemia. Ma anche informazioni più dettagliate sugli animali venduti nei mercati di Wuhan e dati sul lavoro svolto e sulle condizioni di biosicurezza nei laboratori. Ad oggi Pechino non ha condiviso nessuna di queste informazioni.
In una sessione straordinaria dell’Assemblea mondiale della Sanità alla fine del 2020, gli Stati membri dell’Oms hanno adottato una risoluzione in cui si chiedeva all’Organizzazione di studiare le origini del Sars-Cov-2. A questo scopo, una missione di esperti internazionali si è anche recata in Cina tra gennaio e febbraio 2021. Il Sago è stato investito di due compiti.
Il primo riguarda la progettazione di un quadro globale per indagare le origini dei patogeni emergenti e riemergenti. Il secondo, applicare tale quadro per valutare le prove scientifiche per determinare le origini del Covid. Ma, come ammesso dalla stessa Oms, il lavoro per comprendere le origini della pandemia resta incompiuto. Ma cosa contiene il rapporto e cosa sappiamo fino a questo momento?
I riflettori, a partire dal 2020, sono puntati su Wuhan, nella provincia di Hubei, nella Cina centrale. È qui che è stato segnalato per la prima volta l’agente patogeno che si è poi diffuso nel mondo ed è qui che si trovano le tre strutture oggetto d’indagine. Parliamo del mercato all’ingrosso di frutti di mare di Huanan (Wuhan huanan seafood wholesale market), noto anche semplicemente come Huanan seafood market (Hsm); il Wuhan center for disease control & prevention (Whcdc), Il Wuhan institute of virology (Wiv).
Il mercato, aperto nel 2002 e chiuso nel 2020 a seguito dell’emergenza, trattava la vendita di animali vivi e frutti di mare. Ospitava più di mille rivenditori, ed era considerato il più grande mercato all’ingrosso di frutti di mare della Cina centrale, con animali selvatici venduti nella sua zona occidentale. Com’è noto, una delle ipotesi più accreditate è che il virus sia passato da un animale, forse un pipistrello, all’uomo, proprio in questa struttura.
È per questo che, anche all’interno dell’ultimo rapporto, che Notizie.com è stato in grado di visionare, si parla di spillover zoonotico, ovvero il passaggio di un patogeno da una specie animale all’uomo. È il cosiddetto “salto” di specie di un virus che comincia ad infettare gli esseri umani. Caso chiuso? Tutt’altro. Il mercato di Wuhan si trova ad appena 280 metri di distanza dal Whcdc e a circa 13 chilometri dall’Istituto di virologia.
Il sospetto, che resta appunto sul tavolo delle ipotesi, è che il virus sia in qualche modo sfuggito da uno dei laboratori, probabilmente per una falla della sicurezza, e che abbia a quel punto infettato un animale o direttamente l’uomo, forse un lavoratore di una delle strutture. In questo quadro il mercato Hsm avrebbe avuto “semplicemente” il ruolo di amplificare la portata dell’emergenza in brevissimo tempo. E non è solo la distanza ravvicinata tra il mercato e i laboratori a suggerire uno scenario simile.
Uno dei virus attualmente noti per essere più vicini al Sars-Cov-2 “era disponibile dal 2012/2013 presso l’Istituto di virologia di Wuhan sotto forma di un campione di animali immagazzinato originale non coltivato con caratterizzazione di sequenza parziale pubblicata nel 2016, modificato in caratterizzazione di sequenza quasi completa nel 2018”.
L’Oms ha contattato il Centro nazionale cinese per la bioinformazione richiedendo l’accesso a 508 sequenze del virus. Ma ad oggi, nessuna informazione o documentazione ufficiale è stata fornita nemmeno per analizzare le pratiche e le procedure di biosicurezza nei laboratori di Wuhan. I rappresentanti della struttura di virologia “hanno fornito assicurazioni verbali che le procedure appropriate sono state e vengono seguite correttamente. Anche se non ci sono ispezioni fisiche”.
Il Sago avrebbe quindi chiesto valutazioni di laboratorio in loco attraverso interviste con il personale e i funzionari delle strutture di Wuhan e dintorni; una revisione di tutto il lavoro di laboratorio e la documentazione dei materiali e gli inventari digitali, i registri di biosicurezza; le valutazioni del rischio per le attività con agenti patogeni. Tutto rifiutato. Ma un altro indizio proviene ancora dal laboratorio di virologia.
Qui in passato è stato identificato il merbecovirus di pipistrello Bthku5-CoV-2-023 (anch’esso parte della famiglia dei coronavirus e dall’alto potenziale zoonotico). Ma in una dichiarazione circa la biosicurezza “esperimenti e saggi” sarebbero stati “eseguiti in un laboratorio a pressione negativa” seguendo le “procedure operative standard con la necessaria protezione personale”.
E poi, quando si sono verificati i primi casi? Nel dossier del Sago è menzionato anche uno studio italiano. L’ipotesi è che il virus potrebbe essere circolato, non rilevat,o già a novembre 2019 non solo nel nostro Paese ma anche in Francia e Brasile. Gli esperti dell’Oms hanno però giudicato carente l’indagine, non verificata da laboratori esterni e senza il tasso previsto di campioni falsi positivi.
Dunque, non resta che tornare in quel mercato di Wuhan, in Cina. Dove la maggior parte delle persone che sono risultate positive aveva possibilità di contatto con animali, prodotti animali o visitatori del mercato. Ma “ci sono notevoli lacune nella nostra comprensione dei test effettuati sugli esseri umani che lavorano nei mercati di Wuhan e dintorni, nelle fattorie o lungo le rotte commerciali per gli animali che sono stati venduti all’Hsm e nelle fattorie che allevano animali noti per essere sensibili all’infezione”.
Ed è dunque impossibile determinare se la fuoriuscita del virus del Covid si sia verificata a monte dalle aziende agricole o al mercato stesso. L’Hsm era certamente un sito per l’amplificazione, che ha permesso al virus di diffondersi ulteriormente. Ma non è possibile determinare se le prime infezioni si sono verificate proprio qui. “L’ulteriore condivisione dei dati sulle prime indagini, se hanno avuto luogo, è fondamentale. – hanno concluso dall’Oms – Così come tutti i dati di sequenziamento delle prime rilevazioni per determinare la distanza genetica dai ceppi originali di Sars riportati da Wuhan“.