“Questo non è un aiuto, è una trappola mortale. Stavano per ucciderci uno per uno mentre cercavamo solo di dare da mangiare ai nostri figli”.
A parlare è Hani Abu Soud membro della comunità del centro per cure primarie di Al-Mawasi, nella Striscia di Gaza. Secondo l’organizzazione internazionale Medici senza frontiere è un massacro mascherato da aiuto umanitario, con più di cinquecento persone uccise e quasi quattromila feriti per procurarsi del cibo.
Sotto accusa, e sotto i riflettori di mezzo mondo, c’è la Gaza humanitarian foundation, di cui abbiamo già parlato in un approfondimento. Si tratta di un’organizzazione creata per conto di Israele e Stati Uniti. Tel Aviv, infatti, più volte ha denunciato che gli aiuti umanitari fatti pervenire alla popolazione palestinese finivano sistematicamente nelle mani di Hamas. E dunque nelle grinfie del gruppo responsabile delle stragi del 7 ottobre 2023, con cui Israele è in guerra da allora.
Il governo d Benjamin Netanyahu ha bloccato per diversi mesi l’ingresso degli aiuti, prima di dare il via libera alla Ghf. La situazione, però, è sull’orlo della catastrofe. Il metodo di distribuzione usato costringe migliaia di palestinesi, affamati da oltre cento giorni di assedio, a percorrere lunghe distanze a piedi per raggiungere i quattro siti di distribuzione. Qui le persone lottano letteralmente per contendersi pochi avanzi di cibo.
I punti sono di difficile accesso per categorie più vulnerabili, come donne, bambini, anziani e persone con disabilità. Nel caos che si genera, le persone vengono uccise e ferite ogni giorno. Msf ha chiesto alle autorità israeliane e ai loro alleati di revocare l’assedio e consentire l’ingresso di cibo, carburante, forniture mediche e umanitarie, secondo i principi umanitari.
“I quattro siti di distribuzione – ha spiegato Aitor Zabalgogeazkoa, coordinatore dell’emergenza di Msf a Gaza – si trovano in aree sotto il totale controllo delle forze israeliane, da cui la popolazione era stata precedentemente sfollata con forza. Sono aree grandi come campi da calcio, circondati da postazioni di sorveglianza, cumuli di terra e filo spinato. C’è un solo varco d’accesso, tutto recintato”.
Stando a quanto documentato da Medici senza frontiere gli addetti della Ghf scaricherebbero pallet e scatole di viveri. Poi aprirebbero le recinzioni, facendo entrare migliaia di persone contemporaneamente, che si ritrovano a lottare per contendersi anche un singolo chicco di riso. “Chi arriva prima e si avvicina ai posti di blocco, viene colpito. – ha detto Zabalgogeazkoa – Chi arriva in orario ma scavalca i cumuli di terra e filo per via del sovraffollamento di persone, viene colpito. Chi arriva in ritardo, non dovrebbe essere lì perché si trova in una zona sottoposta a evacuazione e quindi viene colpito”.
Da quando distribuzioni sono in corso, le équipe mediche hanno notato un netto aumento del numero di pazienti con ferite da arma da fuoco. Nell’ospedale da campo di Msf a Deir Al-Balah il numero di pazienti con ferite da arma da fuoco è aumentato del 190% nella settimana dell’8 giugno rispetto alla settimana precedente. Gli ospedali di Gaza, ancora a malapena funzionanti, sono devastati andando avanti solo con scorte minime di analgesici, anestetici e sangue.