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Caldo torrido, viaggio nelle carceri sovraffollate. Federico Vespa: “Situazione estremamente critica. Amnistia e indulto? Non c’è altra via d’uscita”

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Francesco Ferrigno

“Se in città ci sono 40 gradi, all’interno di un carcere con celle che in genere sono da sei posti la situazione è estremamente critica. In passato c’è stata anche difficoltà a reperire frigoriferi”.

A parlare è Federico Vespa, giornalista, conduttore radiofonico e scrittore. Vespa è impegnato nel settore del recupero e reinserimento dei detenuti attraverso l’associazione Gruppo Idee e come direttore della rivista carceraria Dietro il cancello, scritta interamente dai detenuti.

Caldo torrido, viaggio nelle carceri sovraffollate. Federico Vespa: “Situazione estremamente critica. Amnistia e indulto? Non c’è altra via d’uscita” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Con il direttore abbiamo analizzato le condizioni delle strutture carcerarie e la vita dei detenuti anche alla luce delle tremende ondate di calore che si stanno abbattendo sull’Italia. Le temperature nelle nostre città sono aumentate enormemente, e negli istituti penitenziari le condizioni potrebbero essere terribili. “Lo posso purtroppo tristemente confermare. – ci ha detto Federico Vespa, in esclusiva per Notizie.com – Se in città ci sono 40 gradi, all’interno di un carcere con celle che in genere sono da sei posti, ma dove a malapena c’entrano tre persone, la temperatura aumenta”.

C’è stata, in passato, anche difficoltà nel reperire frigoriferi. Noi ne abbiamo fatto entrare uno qualche anno fa per conservare i prodotti. Confermo inoltre che non esiste chiaramente nessuna cosa somigliante all’aria condizionata se non delle ventole di primissima generazione. È una situazione estremamente critica. E ciò vale anche d’inverno il contrario. Le persone non devono pensare che nelle celle ci sono dei termosifoni come nelle nostre case. Ci sono dei termosifoni ma a due staffe, piccolissimi e che emanano un calore ridicolo. Quindi è un’emergenza continua di fatto“.

Federico Vespa in esclusiva per Notizie.com: “L’Italia è indietro con le strutture”

Sempre più spesso proprio da quelle carceri arrivano notizie di suicidi dietro i quali spesso si nascondono silenzi, disattenzioni istituzionali e solitudini non ascoltate. Proprio nelle scorse ore il garante dei detenuti della Liguria Doriano Saracino nel suo report annuale ha riferito di sette persone che nel 2024 si sono tolte la vita in cella. Quali responsabilità sistemiche emergono da questi episodi? Cosa denunciano davvero quei numeri che crescono ogni anno?

In Italia siamo molto indietro dal punto di vista delle strutture del carcere. – ha sottolineato lo scrittore – Solo in alcuni reparti si può imparare un lavoro e avere una seconda possibilità all’esterno. E solo in alcuni reparti ci sono delle attenzioni particolari nei confronti dei detenuti. Si parla molto del carcere di Milano Bollate come il nostro fiore all’occhiello per modernità. Ma gli altri, compresi Regina Coeli e Rebibbia, sono ancora parecchio indietro”.

Federico Vespa in esclusiva per Notizie.com: “L’Italia è indietro con le strutture” (ANSA FOTO) – Notizie.com

Per me il motivo che porta all’esasperazione del detenuto, specialmente per colui che ha una pena lunga da fare, è proprio la solitudine. I motivi sono due. C’è una carenza organica e ci sono alcuni reparti sia a Regina Coeli sia a Rebibbia, dove fondamentalmente si fa poco o nulla. La solitudine arriva a livelli altissimi. Non tutti i reparti hanno palestre, non tutti hanno attività di svago. Credo che questo agevoli molto una condizione già precaria a livello psicologico. E gli aiuti psicoterapici ci sono, ma soffrono anch’essi di una carenza di organico”.

Il progetto Dietro il cancello e le attività del Gruppo Idee dimostrano che il reinserimento è possibile e la recidiva può crollare fino allo 0%. Cosa impedisce che queste buone pratiche diventino la norma e non l’eccezione? La politica non ascolta davvero?

“Io so benissimo fare lo chef”

Della situazione carceraria non è mai fregato niente a nessuno negli ultimi governi. – ha affermato Vespa – Il discorso, e questo non dipende né dal carcere né dal detenuto, è che c’è poca fiducia nel prendere a lavorare e dare una seconda possibilità a una persona che ha fatto uno sbaglio. In più di un’occasione mi è capitato di sentire persone dire cose del tipo ‘io so fare benissimo lo chef’ per poi non trovare lavoro. Quindi oltre al discorso dei governi che se ne sono sempre fregati, c’è anche quello dell’imprenditore. C’è ovviamente sempre l’eccezione. Noi abbiamo dato una seconda possibilità a tantissimi, quasi nessuno ha avuto recidiva”.

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Amnistia, indulto, misure alternative: sono strade davvero praticabili per contrastare il sovraffollamento? “Io non penso che siano solo applicabili, – ha continuato il direttorepenso che non ci sia altra via d’uscita. Anzi, ci sono due possibilità, o si reintroducono l’amnistia e l’indulto oppure la proposta è quella di aumentare i giorni di liberazione anticipata da 90 a 120. E si fa un grosso lavoro sulle misure alternative sui reati minori e sulle condanne minori”.

Il riferimento è all’istituto regolato dall’articolo 54 dell’ordinamento penitenziario, prevede una riduzione di pena di 45 giorni per ogni semestre di pena effettivamente scontata. Vi si può accedere solo per buona condotta o, tecnicamente, purché il condannato dimostri una partecipazione all’opera di rieducazione. “Mi rendo conto – ha concluso Vespa – dell’impopolarità che potrebbe avere la reintroduzione di amnistia e indulto, ma se vogliamo parlare di dignità umana in carcere non ci sono altre soluzioni“.

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Francesco Ferrigno