La guerra tra Iran e Israele è durata “appena” dodici giorni, per poi concludersi con un cessate il fuoco imposto dagli Stati Uniti e con dichiarazioni di “vittoria” da ambo le parti.
La stessa opera di mediazione agli Usa non è riuscita, al momento, nell’ambito degli altri due conflitti sui cui da anni è calamitata l’attenzione dell’Occidente: quello tra Russia ed Ucraina e tra Israele ed Hamas.
Conflitti sanguinosi, scatenatisi tra il 2022 ed il 2023, al centro della narrazione dei media e dell’attenzione dei leader mondiali. In realtà, però, nel mondo sono in corso tra le 56 ed le 59 guerre secondo il Global peace index (Gpi), uno dei principali indici globali i cui dati sono aggiornati a giugno 2025. Si tratta di numeri record che non si registravano dalla fine della Seconda guerra mondiale. Solo tra il 2023 ed il 2024, i conflitti sono aumentati di circa il 25%.
Il clima di instabilità globale sta producendo una corsa al riarmo che, per quanto ci riguarda, si sta concentrando nelle mosse della Nato ed in quelle dell’Ue, con l’ipotesi di una difesa unica per il vecchio continente e le continue sanzioni alla Russia che oltre tre anni fa ha aggredito l’Ucraina. Facendo deflagrare nel cuore dell’Europa una vera e propria guerra aperta come non si vedeva, per l’appunto, dalla fine del Secondo conflitto mondiale.
La maggior parte delle guerre in corso si concentra in Africa e Medio Oriente. Si tratta di aree che soffrono di instabilità politica e sociale cronica, afflitte da dinamiche interne complesse, scarsità di risorse e influenze esterne. La guerra in Sudan, ad esempio, è considerata quella più letale in questo momento. Dal 2023 si stanno fronteggiando in una guerra civile le Forze armate sudanesi (Saf) e le Forze di supporto rapido (Rsf).
Il bilancio è di decine di migliaia di morti, milioni di sfollati interni ed esterni, e una gravissima crisi umanitaria con rischio di carestia. L’11 giugno scorso Medici senza frontiere ha parlato di un urgente bisogno di vaccini per arginare i focolai di morbillo nel Darfur. La stessa organizzazione ha denunciato anche numerosi episodi di violenza sessuale contro donne e ragazze. Abusi utilizzati come arma di guerra.
Il 20 giugno l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha annunciato la sospensione dei servizi di trasporto salvavita per migliaia di sfollati in sud Sudan a causa di carenze di finanziamenti. Anche in Myanmar è in corso una guerra civile dopo un colpo di stato militare nel 2021. L’esercito governativo si scontra continuamente con gruppi di resistenza e milizie etniche. Il Paese è stato anche colpito da un fortissimo terremoto nel marzo scorso.
Le guerre del Sahel sono invece combattute tra Mali, Burkina Faso e Niger. I conflitti sono caratterizzati da colpi di stato e violenza jihadista (gruppi legati ad Al-Qaeda e Isis). Dai centri rurali gli scontri si stanno spostando verso le città, minacciando anche i Paesi costieri dell’Africa occidentale. Anche la Repubblica democratica del Congo (Rdc) è da decenni teatro di vari conflitti armati. Nel mirino dei gruppi etnici, spesso foraggiati da interessi stranieri, c’è il controllo delle vaste risorse naturali.
Anche qui sono presenti team di Medici senza frontiere. La crisi è particolarmente acuta nel Nord Kivu, dove le équipe di Msf hanno trattato un numero senza precedenti di vittime e sopravvissuti, quasi 40mila, nel 2024. Da alcune settimane sono ripresi i combattimenti tra l’esercito congolese, il gruppo armato M23/Afc (Alliance fleuve Congo) e i rispettivi alleati. Oltre 7 milioni di congolesi sono sfollati interni. Il Congo è al momento uno dei Paesi con il maggior numero di rifugiati al mondo.
Dal 2014 è poi in corso nello Yemen una guerra civile che vede contrapporsi il governo (sostenuto da una coalizione a guida saudita) e il movimento Houthi (sostenuto dall’Iran). Si tratta della peggior crisi umanitaria al mondo. Si stimano quasi 380mila morti, tra cui 85mila bambini deceduti a causa della malnutrizione. Nel 2022 è stata firmata una tregua, ma la situazione resta estremamente in bilico.
Infine, tra le guerre “dimenticate” c’è quella del Camerun. Parliamo della cosiddetta crisi anglofona cominciata nel 2016. Dopo una serie di proteste pacifiche che avevano avuto luogo nelle regioni occidentali è scoppiato un vero e proprio conflitto forze governative e gruppi separatisti. Si parla di migliaia di morti, centinaia di villaggi bruciati e oltre un milione di sfollati interni.