Sono alle prese con la conta dei danni Spagna, Portogallo e Francia, interessati nei giorni scorsi da un maxi blackout sul quale tuttora è giallo sulle cause.
I cittadini in queste ore stanno affollando stazioni e aeroporti tornati alla normalità, ma le polemiche incalzano. Non c’è ancora una risposta precisa su ciò che abbia provocato quello che è stato definito lo “zero elettrico nazionale”.
In corso ci sono inchieste avviate in Spagna e in Europa, ed è scontro sulle energie rinnovabili, finite anch’esse sotto accusa nel marasma generale. Per provare a fare chiarezza abbiamo sentito Marco Lupo, amministratore e direttore commerciale di Utilities dimension, delegato Assium Emilia Romagna ed esperto nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale.
“Riguardo a questo evento, – ha spiegato Lupo – ritengo utile considerare che le reti elettriche nazionali sono sistemi estremamente sofisticati. Sono progettati per mantenere un bilanciamento costante tra domanda e offerta di energia”.
Secondo l’esperto per rispondere direttamente ai quesiti sollevati dal blackout che ha colpito Spagna, Portogallo e parte della Francia, possiamo aiutarci in questo modo. Pensiamo a una diga che cede di colpo. L’improvvisa perdita di portata va a creare un vuoto nel sistema. Un vuoto che in questo caso ha interessato l’intera rete elettrica nazionale. Traducendosi in uno squilibrio di tensione e frequenza (normalmente 50 Hz), che ha attivato i sistemi di protezione automatica.
“La Spagna, cercando di colmare il deficit, – ha continuato il delegato di Assium – ha attinto contemporaneamente dal Portogallo e dal sud della Francia con cui in quel momento stava scambiando energia. Ma questa inversione di flussi, normalmente è la Francia ad acquistare, ha destabilizzato anche quelle aree, causando un collasso a catena”.
Per evitare danni catastrofici, insomma, i sistemi di protezione hanno disconnesso porzioni di rete via via. In questo modo, il blackout è diventato un meccanismo di difesa per proteggere centrali, apparecchiature e l’integrità della rete. Salvando così il resto d’Europa, Italia compresa.
“In questa vicenda, – ha sottolineato Marco Lupo – una domanda da farsi è: perché i sistemi non sono riusciti a confinare il blackout all’area in cui si è verificata la disruption iniziale? Una risposta plausibile è la quantità abnorme di potenza persa istantaneamente: circa il 50% del fabbisogno spagnolo. L’altro interrogativo, e anche quello più determinante, è cosa abbia innescato il crollo di circa 15 Gw di produzione da due parchi fotovoltaici nel sud ovest della Spagna in soli cinque secondi. Si parla di eventi atmosferici, problemi inerziali e di coordinamento, ma al momento non c’è una risposta tecnica definitiva. Nel frattempo, l’evento è stato politicizzato, e questo ha reso la narrazione pubblica meno chiara e più strumentale”.
I titoli delle ultime ore, infatti, scaricano tutta la responsabilità sul fotovoltaico, rischiando di demonizzare una tecnologia cruciale per il futuro. “Operando nel settore, posso dire che gli impianti di produzione da fonti rinnovabili – ha concluso l’esperto – non sono ‘pericolosi’ di per sé, ma lo diventano se la rete non è progettata per integrarli correttamente. Le soluzioni tecniche esistono: inverter grid-forming, software di controllo, dispositivi di stabilizzazione su scala di rete”.
“Dove questi accorgimenti sono presenti, non si genera alcuno squilibrio. Questo collasso ha messo in evidenza la vulnerabilità delle infrastrutture elettriche e la necessità urgente di modernizzare e potenziare le reti, oltre a intervenire seriamente con sistemi di accumulo energetico su larga scala. Questo evento ci ricorda quanto possa essere catastrofica l’assenza di energia. Un blackout esteso di pochi giorni sarebbe sufficiente a mettere in ginocchio intere società. Serve più consapevolezza, più pianificazione e meno sensazionalismo”.