“Non abbiamo bisogno di aiutare le imprese ad assumere: i problemi del mondo del lavoro sono altri. Servono programmi di formazione”.
A parlare ai nostri microfoni, Maria Cecilia Guerra, ex sottosegretaria al Ministero dell’Economia e delle Finanze durante i governi Conte II e Draghi. “Dobbiamo chiederci se l’uso che si fa di questi 5 miliardi sia quello più efficace per affrontare i temi del lavoro”.
Il decreto 1 maggio approvato dal Consiglio dei ministri il Primo Maggio, è stato criticato soprattutto per il Bonus tredicesima, definito dai sindacati una “mancetta elettorale” pensata per la campagna elettorale. Il provvedimento è finanziato con fondi europei e nazionali e in parte con quelli del programma Gol previsto nel Pnrr.
Onorevole Guerra, il decreto 1 maggio prevede il cosiddetto Superbonus lavoro: un’agevolazione sulle assunzioni. È pari al 120% per i contratti a tempo indeterminato e al 130% per chi assume lavoratori svantaggiati.
“Questo intervento raddoppia l’incentivo che già c’era. Ma il punto è: abbiamo bisogno di aiutare le imprese ad assumere o abbiamo altri problemi?”.
Si risponda…
Il decreto prevede incentivi per l’autoimpiego.
“Questo potrebbe essere utile, soprattutto al Sud”.
Il provvedimento più criticato è stato il Bonus tredicesima 2024. Che ne pensa?
Quali sono gli aspetti tecnici che non la convincono del Bonus tredicesima?
“Per ottenere questi 100 euro dovrà essere fatta un’autodichiarazione del reddito complessivo, che è lontana dal periodo delle dichiarazioni, quindi si può sbagliare. Se ci si sbagliasse, questi soldi dovranno essere restituiti? Inoltre non saranno 100 euro per tutti, perché dipenderà dal reddito. Rischia di essere un boomerang ed è un “pagherò”: portano a casa il premio politico di un bonus che arriverà tra 7-8 mesi, in un contesto di finanza pubblica stretta. Inoltre, Meloni aveva dichiarato che non avrebbe fatto bonus, criticando quelli che i governi Conte II e Draghi hanno fatto. Io vado fiera di quelle misure, che non erano bonus: erano indennità temporanee durante la pandemia, destinate a persone che non potevano lavorare a causa del lockdown”.
La premier Giorgia Meloni ha parlato di redistribuzione delle risorse. Cosa manca in questo decreto per arrivarci?
“Cosa vuol dire redistribuzione delle risorse? Se le usiamo per ridurre i contributi, dobbiamo coprire questi ultimi con la fiscalità generale, che è sostenuta in larga parte dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. Quindi bisogna capire quanto tagliamo e a chi. Stiamo abbattendo il costo del lavoro in capo alle imprese in un contesto in cui le imprese stanno godendo di un costo del lavoro molto basso, diminuito di quasi il 10%, perché i salari non sono adattati all’inflazione. Diversamente dagli altri Paesi, i nostri stipendi hanno perso tra il 9 e il 10%. Il tema della redistribuzione è tra salari e profitti: dobbiamo aggiornare gli stipendi rispetto all’inflazione, a partire dalle fasce più esposte”.
Come si fa?
“Il governo dovrebbe sostenere la ripresa della contrattazione e impegnare risorse per il rinnovo dei contratti pubblici. Abbiamo dati positivi sull’occupazione, che è cresciuta più del Pil e che possiamo spiegare solo col fatto che i lavoratori non sono pagati il giusto. I contratti a tempo indeterminato sono cresciuti perché abbiamo una composizione dei lavoratori che si sposta sempre più verso le età più alte: cioè persone che non possono uscire dal monto del lavoro perché non hanno i criteri. Così i giovani sono meno impegnati a tempo indeterminato”.