La città di Bucha è diventata un simbolo della resistenza all’inizio della guerra in Ucraina.
Quando i russi si ritirarono vennero fuori orrori commessi sulle 509 vittime civili e ancora oggi le autorità stanno lavorando per identificare i dispersi.
Com’è la situazione in Ucraina a due anni da quel massacro? Lo abbiamo chiesto a Claudio Bertolotti, ricercatore Ispi.
Dottore, cosa è cambiato dal massacro di Bucha?
“Molto poco, non sta succedendo niente. A due anni da quell’evento, il fronte non è cambiato. Si è spostato di poco con azioni offensive e controffensive, ma a livello operativo non c’è stato nessuno stravolgimento di fronte e dinamiche, se non nel fatto che l’Ucraina oggi è più debole e che la Russia è rimasta forte. In termini di numeri e capacità militare, Kiev ha perso buona parte degli aiuti occidentali dopo la controffensiva militare della tarda primavera scorsa e non c’è stato un ricambio in equipaggiamenti. Anche perché il Congresso Usa ha congelato l’ultima trance di aiuti, 60 miliardi di dollari”.
C’è qualcosa che potrebbe cambiare?
La Russia sta preparando la documentazione per citare il governo ucraino in giudizio davanti a Corti internazionali, con l’accusa di coinvolgimento in fatti di terrorismo. Che ne pensa?
“Lascia il tempo che trova sul piano delle relazioni internazionali. Chiunque in Occidente può capire che si tratta di una narrazione di guerra e che il coinvolgimento di Kiev in episodi di terrorismo è inverosimile. Ma è estremamente rilevante sul piano della politica interna. Putin si rivolge alla sua opinione pubblica per cercare di cancellare l’errore nel non essere riusciti a prevenire il terrorismo, mettendo in evidenza di aver capito chi è il responsabile”.