Recensione a cura della giornalista pubblicista Ilaria Solazzo. Non fa mistero, Nadia, del suo passato certamente non facile, indubbiamente carico di incertezze e domande che forse ancora cercano una risposta
“Il coraggio richiama il cuore; dunque avere cuore, agire col cuore, trovare cioè dentro sé, quella forza d’animo che ci viene quando ci si appresta a fare qualcosa cui si tiene”. Nadia Ferroni, è una perfetta interprete di questo stato di cose e va “cercando il coraggio” in questa sua nuova produzione poetica, ed è quanto mai significativo il gerundio che dà il titolo alla raccolta; la sua non è stasi è un moto perpetuo e continuo, una costante del suo impegno personale che la porta ad essere “sfidati nel mondo”. Non fa mistero, Nadia, del suo passato certamente non facile, indubbiamente carico di incertezze e domande che forse ancora cercano una risposta; di certo l’autrice in queste poesie ha trovato nel tempo, la forza per confrontarsi con una verità, cercando la verità del suo senso d’essere in se stessa e nel confronto con gli altri, donandoci la sua geografia del cuore i cui margini sono segnati dai dati della quotidianità, piani che s’intrecciano in una vita che si dispiega nell’esperienza soggettiva, verificando, di verso in verso, sogni, (dis)illusioni, immagini, memorie e offre a noi lettori la turbata quiete della sua anima”. (dalla prefazione di Bruno Mohorovich).
“Cercando il coraggio” di Nadia Ferroni è in vendita in tutte le librerie italiane per 15 euro. Le sue sono poesie di speranza, per affrontare anche i momenti bui che viviamo. Nelle parole dei grandi poeti, così come in quelle di Nadia, possiamo trovare i segreti per reagire e rinascere. Questi componimenti possono darci la forza necessaria per reagire: non risolvono un problema ma possono aiutarci ad affrontarlo con coraggio e maggior fiducia nel futuro. “
Nella vita di ognuno di noi deve cadere un pò di pioggia. Alcuni giorni devono essere scuri e cupi. Ogni Alba porta un nuovo giorno, lavando con la luce della speranza le macchie e la polvere dello spirito vuoto di ogni giorno passato.”
Questa è “Pensiero”, un componimento tanto breve quanto evocativo, grazie alla forza della sinestesia, del soggetto, ma anche dello stile della Ferroni, che sceglie un lessico semplice e quotidiano per esprimere la straordinaria e bellissima fugacità del tempo e la malinconia dell’essere umano, esemplificato dall’io lirico colto nella riflessione sulla sua morte senza disperazione. I versi si presentano straordinariamente compatti per temi e linguaggio. Quella di Nadia è una poesia limpida, che si rifà a una classicità senza tempo e applica la lezione di Dante, Leopardi, Rimbaud, Montale, tra gli altri, senza mai cadere nella maniera. Ma è una poesia solo in apparenza semplice, la cui chiarezza e luminosità non possono che nascere da una zona buia, da un mistero.
Leggiamo una parte del testo di un’altra, ”Senza veli”
L’autrice del libro, Nadia Ferroni, nata nel 1956 a Verona, ha trascorso anni in diversi istituti a cui era stata affidata a seguito delle difficili condizioni in cui versava la sua famiglia. Impossibilitata a completare gli studi ma affascinata dal mondo della cultura, ha dedicato il suo tempo all’acquisizione di competenze nella ricerca, nell’indagine e nel mercato dell’arte. Conoscenze che le hanno consentito di operare per lungo tempo nel settore dell’antiquariato, godendo della stima di studiosi e colleghi. Da anni opera nell’assistenza cognitiva ai malati di Alzheimer: ha alle spalle una pluriennale esperienza nel volontariato in questo settore con un apprezzabile bagaglio sia teorico che pratico. Tutt’ora è impegnata come operatrice occupazionale e assistenziale anche attraverso art therapy e musicoterapia. Il multiforme universo della scrittura ha sempre esercitato su di lei un fascino particolare. La poesia l’ha portata a cimentarsi nell’esplorazione dei tanti volti dell’animo umano; dei suoi timori, delle sue fragilità, delle sue illusioni, emozioni, conquiste e fallimenti, cercando di proporre, attraverso la pregnanza del linguaggio poetico, una possibile chiave di lettura.
Per diventare un poeta occorre leggere molto, ascoltare molto e sentire una necessità che viene da dentro. Da bambina, alle elementari, erano soliti farmi imparare le poesie a memoria e io odiavo questo tipo di esercizio perché allora come oggi avevo qualche problema di memorizzazione. Ho impiegato parecchio a riconciliarmi con la poesia che ritenevo uno strumento di tortura medievale. Per il resto, la questione della poesia che non viene letta ha a che fare con il concetto di profezia che si auto-adempie: un evento, a forza di citarlo, finisce per accadere. Lo stato di salute della poesia oggi non è gravissimo. Dal mio piccolo punto di osservazione direi che se ne vede di più in giro. Nelle librerie gli scaffali si stanno allargando e ogni tanto si vedono raccolte di poeti non morti. Non nel senso di zombi o vampiri, dico, gente viva, magari anche sotto i settanta anni di età. Si moltiplicano i “reading” e le persone vanno a vedere i poeti declamare i loro versi. La poesia, quando sei fortunato è un incantesimo e il libro di poesie è un libro magico. Dunque il poeta è un mago. Quando la poesia funziona ha, come succede con gli incantesimi, un effetto. Un mago può lanciare palle di fuoco dalle mani e un poeta può cambiare le cose con i suoi versi. Può cambiare l’umore delle persone, far vedere loro cose che prima non distinguevano. Può eccitare, immalinconire, divertire, innamorare, spaventare. Per far appassionare alla poesia i lettori bisogna portarla in giro, farla uscire, con tutti i mezzi social possibili, aiutare le persone a comprendere che la poesia è un po’ come la musica, la canzone o altre forme d’arte: non si mangia ma nutre, non è pericolosa ed è tutt’altro che noiosa ed incomprensibile. Un libro di poesie può essere un compagno di viaggio meraviglioso. Le poesie possono essere usate, condivise per un ristoro dell’animo.