Elezioni, Sinistra paladina della democrazia solo se il potere resta il suo

“Repubblica” ripete la litania sull’Italia isolata e a rischio autocrazia in caso di vittoria della destra. Il solito gioco dei progressisti

Per vent’ anni è stato il direttore e che quando c’è da alzare il tiro e usare l’artiglieria pesante viene richiamato in servizio, come capita sempre quando il gioco si fa duro, scrive Belpietro su La Verità. Mauro le idee le ha chiare: con Meloni, Salvini e Berlusconi al governo si rischia grosso, perché c’è un concreto pericolo di finire ai margini della comunità internazionale, sorvegliati speciali del mondo civile. Non per i conti, che ovviamente si mettono maluccio (ma a riparare quelli non è riuscito neppure San Mario Draghi, infatti il debito pubblico con l’ex presidente della Bce è passato da 2.640 a 2.770 miliardi di euro), bensì per i diritti. Già: se prima eravamo considerati la pecora nera dell’Europa per via della disastrata situazione finanziaria, ora rischiamo di essere, oltre che nera, anche la pecorella smarrita della democrazia.

Il direttore
L’ex direttore di Repubblica Ezio Mauro (Ansa)

Spiega l’ex direttore del quotidiano caro alla sinistra e alla casa automobilistica: “Oggi è la democrazia che deve piegarsi fino a comprendere nel suo seno la negazione della sua stessa natura, perché i leader neo-autoritari hanno innescato la loro variante eretica sull’albero della credenza democratica tradizionale“. Mi rendo conto che il ragionamento è un po’ arzigogolato, al punto da risultare quasi incomprensibile, ma Mauro mira a illustrare l’ossimoro della «democrazia illiberale», ovvero l’idea di una democrazia che entra in conflitto con sé stessa fino a negare i suoi principi.

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Orban
Orban dice no allo stop del petrolio russo © Ansa

È l’universale democratico che tramonta», scrive. «Logorata dalle tre crisi finanziaria, sanitaria e della rappresentanza, la democrazia non gode di buona salute, vede crescere attorno a sé disuguaglianze che la politica non riesce a ridurre, e soprattutto avverte che molte di queste disuguaglianze diventano esclusioni, contraddicendo lo stesso principio democratico“. Qui il discorso si fa più oscuro e se non si presta attenzione, si rischia di perdersi in un labirinto illogico, ma quando la diritta via pare smarrita, ecco che il novello Virgilio ci fa approdare in una radura che schiarisce ogni pensiero. “Così trova spazio una predicazione populista, che scarica tutte le colpe della crisi sulla democrazia, denunciandola come una creatura del Novecento adatta solo ai periodi di redistribuzione, troppo gravata dal groviglio di regole che la appesantiscono e troppo debole per fronteggiare l’emergenza“.

Risultato? “Meglio puntare sull’unzione del voto, sull’esercizio pieno del comando con la sovranità che si dispiega libera da lacci e lacciuoli, senza più obblighi sovrannazionali e vincoli di società: ognuno per sé, il leader per tutti e sopra ogni cosa la nazione che torna centrale, in un’Europa matrigna“. Qui il corto circuito però ci fa ritornare al buio, perché dopo averci fatto capire che quel che accade è colpa di una manovra che insegue sogni putiniani e regimi illiberali, poi la guida che ci prepara nel viaggio all’Inferno nella speranza di ricondurci in Paradiso, cioè con la sinistra, entra in conflitto con sé stessa.

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