Il futuro del governo dipende dalle scelte politiche di Luigi Di Maio?

Al centro della crisi che sta vivendo il Movimento 5 Stelle in queste settimane sembra esserci proprio lui, il Ministro degli esteri Luigi Di Maio. Molti si chiedono quali siano davvero i suoi obiettivi. 

Commentatori e analisti in queste ore sono persino arrivati a sostenere che la decisione che prenderà sul suo futuro politico potrebbe compromettere o meno la tenuta della maggioranza a sostegno del premier Draghi.

di maio
(Ansa)

Senza dubbio, però, una sua eventuale uscita dai pentastellati comprometterebbe e non poco la tenuta di quello che fu il movimento rivoluzionario di Grillo e Casaleggio.

L’attuale capo dei 5 Stelle Giuseppe Conte, con cui Di Maio è ormai entrato più e più in volte in scontro diretto, sembrava averlo nei primi tempi sottovalutato. Ad oggi però i due sembrano avere perso le redini del Movimento, tra fughe di parlamentari, nuovi gruppi di fuoriusciti e malcontento tra gli elettori che si riflette abbondantemente negli insuccessi elettorali. Per questo sembra che sia per loro sempre più impellente una scelta sul da farsi. 

Il quadro politico che cambia in visto del voto nel 2023

In attesa del voto del 2023, il quadro politico si sta però inevitabilmente per scomporre e ricomporre, e “Giggino”, da ormai navigato politico non più novello, dovrà decidere come comportarsi. E a quale famiglia politica affiliarsi. Perché nel movimento grillino sta tornando in questi giorni al centro del dibattito la questione del limite dei due mandati, che taglierebbe inevitabilmente fuori il titolare della Farnesina. Che non sembra però volere affatto abbandonare la sua politica, divenuta ormai a pieno titolo la sua grande passione, o meglio il suo “amore”, come recita il suo libro pubblicato da Piemme nel 2021.

“Quando Di Maio attacca a testa bassa sulla radicalizzazione all’indietro imposta da Conte al Movimento Cinquestelle, sta segnalando a chi di dovere che i ponti con il passato sono stati abbattuti e l’operazione scissionista può prendere avvio, dentro i gruppi parlamentari entro fine legislatura e fuori dal Palazzo nella prospettiva di un accordo post elettorale con il blocco centrista/azionista di Carlo Calenda più Matteo Renzi con frattaglie al seguito e, chissà, magari un pezzo ministeriale di Forza Italia”, scrive Alessandro Giuli su Libero.

Insomma, quello che viene definito come il mondo “post-grillino” potrebbe finire per essere determinante nel puntellare la stabilità dell’establishment a sostegno dei governi tecnici e “responsabili”, e Luigi Di Maio si è ritagliato a pieno titolo il ruolo di costruttore di questa prospettiva governista. È lui il volto pulito che dovrà traghettare i “rivoluzionari” dei 5 Stelle nell’alveo della “responsabilità”. Mentre però il centro-destra fa il pieno di consensi.

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