Briatore risponde su Instagram alle polemiche: “Mio figlio farà il cameriere. Le università producono disoccupati!”

Dopo l’uragano di polemiche e insulti ricevuti, per le parole pronunciate in diretta televisiva, Flavio Briatore ha deciso di rispondere direttamente sul proprio account Instagram.

Prosegue senza soluzione di continuità la polemica relativa alle asserzioni fatte da Flavio Briatore nell’ultima puntata di Carta Bianca, condotta da Bianca Berlinguer. L’imprenditore verzuolese ha scatenato l’ira di molti esponenti di spicco della sinistra italiana, che, come già accaduto in più di un occasione, lo hanno accusato di classismo.

Flavio Briatore, Notizie.com

Oggi, Briatore ha voluto rispondere alle numerose critiche ricevute, postando un video risposta direttamente sul proprio account Instagram, così da evitare di essere interrotto da presentatori o opinionisti.

Le parole di Briatore dalla Berlinguer

Tra vent’anni non ci saranno più falegnami, muratori, gente che fa controsoffitti”, così l’ex direttore esecutivo del team Renault di Formula 1, ospite dalla Berlinguer, aveva esordito per manifestare le proprie perplessità sulla mastodontica macchina burocratica italiana. Secondo l’imprenditore, questa massa irrazionale di burocrazia, renderebbe impossibile la vita alle piccole imprese, che caratterizzano da sempre il nostro territorio. Nel farlo, probabilmente ostacolato da una dialettica non propriamente di prima categoria, il 73enne ha toccato dei nervi scoperti dell’opinione pubblica italiana, che ha immediatamente interpretato le parole di Briatore, come quelle di un padre padrone, intenzionato a tenere al proprio posto le classi subalterne.

Briatore esclusiva
Il pensiero di Briatore sulla pressione fiscale in Italia – Notizie.com – © Ansa

Di fatto, analizzando con maggior attenzione la disamina Briatore, seppur parziale, ci appare difficile rintracciare del classismo. Briatore afferma: “L’altro giorno sono andato da un falegname. Tutti i falegnami nello studio avevano più di cinquant’anni. Perché non avendo aziende che possono sopravvivere da sole, ai figli fanno fare altre cose, tipo mandarli a scuola o all’università. Noi ci ritroveremo tra vent’anni dove non ci saranno più falegnami, muratori o gente che fa contro-soffitti”. Una constatazione alquanto innocente, che mette in luce un comportamento naturale e diffuso dell’essere umano: se un dentista con uno studio avviato, ha un figlio, questo, probabilmente, prenderà in forte considerazione l’idea di continuare la strada del padre. Questa prospettiva, nel caso dei falegnami, è profondamente minata dalla crisi del settore e dalla impervia burocrazia, che disincentiva un eventuale desiderio del figlio di proseguire la strada del proprio padre o della propria madre. 

La risposta su Instagram agli attacchi subiti

Nel video risposta postato su Instagram, Briatore insiste proprio su questo atavico percorso psicologico dell’umanità, che, soprattutto in un momento delicato come questo sul piano lavorativo, trova facile riscontro nella realtà. “Se hai la fortuna di avere un padre che possiede un’azienda con possibilità di espansione, credo che la maggior parte dei figli preferirebbe proseguire le orme del proprio padre, invece di fare 5 anni di università per poi guadagnare 1200 euro al mese a 25 anni”. Una riflessione che non esclude, ne condanna eventuali desideri dei figli nel discostarsi dal percorso dei propri genitori.

Flavio Briatore su Instagram, Notizie.com

Poco dopo, Briatore risponde anche alle accuse sul proprio figlio: “Anche mio figlio, dopo il Liceo, verrà a lavorare da me, ma inizierà facendo il cameriere e, se vorrà raggiungere i miei livelli, dovrà impegnarsi”. In questo caso, ci risulta difficile dare torto a chi afferma che, lavorando nell’impresa del proprio padre, al figlio di Briatore verranno fornite possibilità inevitabilmente diverse rispetto a un signor nessuno, ma ciò non implica che le precedenti riflessioni sui figli dei falegnami, contengano del classismo o annullino il concetto di ascensore sociale. Briatore conclude con la sua consueta condanna alle Università italiane, che sfornerebbero centinaia di migliaia di disoccupati: “L’80% dei laureati che esce dalle università rimane disoccupata, perché sono una piattaforma per la disoccupazione”.

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