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Delitto delle prostitute a Roma, il criminologo: “Difficile pensare ad un serial killer”

Published by
Paolo Colantoni

Marco Strano, analizza per noi la vicenda delle tre prostitute uccise nella capitale: “La speranza è che il killer abbia commesso errori”

Nella sua carriera ha lavorato come agente Operativo del nucleo criminalità organizzata del S.i.s.de, ha collaborato con il Nucleo Operativo dell’Alto Commissario antimafia, oltre ad essere un criminologo e psicologo di prima fascia. Marco Strano ha commentato per Notizie.com l‘assassinio delle tre prostitute nella capitale, provando a tracciare un profilo del killer ed escludendo alcune ipotesi.

Il criminologo Marco Strano analizza gli omicidi nella capitale

“Ho sentito parlare di serial killer. In questa fase non va esclusa nessuna pista, ma io non sono convinto che si tratti di un assassino seriale. Sono state uccise due cinesi e una sudamericana di una certa età, donne completamente diverse l’una dall’altra. Generalmente – ha dichiarato a Notizie.com – i serial killer tendono a scegliere vittime con caratteristiche simili. Per poter parlare di serial killer bisogna aspettare e vedere se tra sette o quindici giorni si ripeterà un omicidio simile. Ma al momento, un’unica uccisione, nello stesso luogo, fa pensare ad altro“.

A cosa?
“Mi rendo conto che la parola serial killer tira sempre tanto, ma in questo caso le ipotesi sono diverse, anche quelle legate a regolamenti di conti per il racket della prostituzione. Sembrerebbe la cosa più logica”.

Quali punti investigativi possono essere battuti?
“Io credo che la vicinanza tra le vittime, paradossalmente, non aiuti. A meno che l’assassino non sia stato così cretino da portarsi appresso il telefono, agganciando entrambe le cellule. Ma questa è un’analisi complicata, che va fatta immediatamente”.

La tecnica di uccisione?
“Il coltello è quello che può aiutarti di più, nel trovare tracce biologiche. Rispetto all’arma da fuoco, allo strangolamento o all’utilizzo di un corpo contundente, ti permette statisticamente di trovare più elementi utili”.

In un caso come questo, da dove si parte per iniziare le indagini?
“Esiste un metodo investigativo quando si ha ragione di supporre che esista un legame tra la vittima e l’assassino. A quel punto l’investigatore prova a ridurre la rosa dei sospetti studiando opportunità, motivo e possibilità di commettere l’omicidio. Ma quando, come si suppone in questo caso, non c’è conoscenza tra la vittima e l’autore, ci sono pochi elementi su cui poter iniziare a lavorare. Se l’assassino ha commesso errori macroscopici, come lasciare tracce biologiche, agganciare celle telefoniche, o essersi fatto riprendere da una telecamera di sorveglianza, allora si può sperare di arrivare ad una conclusione, altrimenti c’è poco da fare. Questa è la realtà”.

Quali sono gli errori più banali che gli assassini commettono?
“L’errore più banale, ma che molti hanno commesso è ferirsi quando si uccide qualcuno con il coltello: in quel caso lasci una bella traccia di Dna e regali un assist agli inquirenti. Il secondo è quello di farsi inquadrare dalle telecamere di sorveglianza ed essere riconoscibile”.

E le impronte digitali?
“Ormai tutti lavorano con i guanti. Da quando c’è stata l’epopea di C.S.I., gli assassini hanno imparato tanto e lasciano pochissime tracce”.

La televisione quanto influisce in fatti di questo tipo? Le serie televisive che portano alla luce gli omicidi dei serial killer più efferrati, possono portare ad uno spirito di emulazione?
“A mio modo di vedere no. Gli omicidi delle prostitute, con queste modalità, sono una delle forme di assassinio più diffuse. Sono un classico, per diversi motivi: dal cliente insoddisfatto a quello non ricambiato, fino all’omicidio per il racket. Purtroppo le prostitute sono una delle categorie più a rischio, da sempre”.

La Polizia ha ascoltato diverse testimonianze. Possono emergere elementi utili alle indagini?
“Le prostitute di quel genere, che operano al chiuso, negli appartamenti, hanno generalmente un via vai di clienti: le persone che vivono nel loro palazzo si abituano e si abbassa il livello di attenzione: ci sono poche possibilità che qualcuno nel palazzo abbia notato qualcosa. Non credo che si potrà avere la speranza di sfruttare testimonianze utili: a meno che l’assassino non abbia commesso errori, facendosi notare in qualche modo. Fortunatamente gli assassini non sono tutti intelligenti”.

 

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Paolo Colantoni