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Esteri

Myanmar, la giunta militare concede la grazia “parziale” a Aung San Suu Kyi

Published by
Daniele Magliocchetti

E’ stata concessa l’amnistia per cinque dei reati a causa dei quali fu deposta nel 2021 con un colpo di Stato. Il premio Nobel per la Pace è stata scarcerata ma, si dice, “resterà comunque ai domiciliari”

Aung San Suu Kyi libera. O meglio graziata. La giunta militare che è al potere nello stato del Myanmar ha deciso all’improvviso di concedere la grazia all’ex leader Aung San Suu Kyi, democraticamente eletta e poi deposta con un inspiegabile golpe nel 2021 nel silenzio generale. Nessuno fece niente, tanto del piccolo stato del Myanmar cosa importa? Pare comunque che la decisione sia nell’ambito di un’amnistia generale di cui beneficeranno oltre 7.000 prigionieri decisa in occasione della Quaresima buddista.

L’ex leader del Myamar Aung San Suu Kyi (Ansa Notizie.com)

A riferire questa notizia sono i media locali, visto che nei giorni scorsi, e guarda la coincidenza, Suu Kyi era stata trasferita dal carcere nazionale di massima sicurezza da dove era nel 2021 fino agli arresti domiciliari nella capitale Naypyidaw. Si viene a sapere, anche se le notizie sono ancora frammentarie e confuse che, l’ex leader del Myanmar e Nobel per la Pace nel 1991 sarà graziata per cinque dei numerosi reati per i quali è stata incarcerata e deposta con un golpe nel 2021.

C’è un giallo sulla libertà concessa: resterà ai domiciliari?

La gente del Myamar che protesta per Aung San Suu Kyi (Ansa Notizie.com)

C’è grande fermento da quando è cominciata a girare la notizia, anche se sarebbe ben diversa da come appare. La Myanmar Radio and Television ha dato notizia della grazia martedì, ma fonti e media del Myanmar fanno sapere che l’ex leader resterà comunque in carcere. “Non sarà libera dagli arresti domiciliari“, ha detto all’agenzia Reuters una fonte che ha chiesto di essere anonima.

Una situazione che allerterà la comunità internazionale, rimasta fin troppo in silenzio davanti a una situazione del genere. Suu Kyi, che ha 78 anni, è la figlia dell’eroe dell’indipendenza del Myanmar, ed è stata messa agli domiciliari per la prima volta nel 1989, dopo le grandi proteste contro decenni di regime militare. Nel 1991 gli venne dato il Nobel per la pace per la sua campagna a favore della democrazia. Nel 2015 ha vinto le elezioni con un grande plebiscito e trasporto popolare, ma poco è servito perché i militari hanno interrotto tutto con un colpo di Stato del 2021. E tutto questo nel silenzio generale. Ma adesso forse qualcosa si muuoverà.